Violenza ostetrica: perché non si vuole credere alle testimonianze delle donne?

Su questi schermi, in passato, ho parlato di Gender Health Gap. Potete leggere qui in profondità ma, fondamentalmente, è la differenza sostanziale tra uomo e donna nella gestione, da parte del personale medico e scientifico, delle questioni legate alla salute.
Sta inoltre a rappresentare anche un altro problema, cioè quello della mancanza, nella ricerca e sperimentazione di nuovi medicinali, di campioni al femminile.
La maggior parte dei medicinali utilizzati ai nostri giorni, infatti, sono per lo più testati su uomini. Tutto basato un bias vecchio come la medicina, che vedeva l’uomo come l’“essere neutro” e la donna come una “sua variante”. (Qui un approfondimento).

Questo genere di pregiudizio e le poche ricerche sul corpo e sulle malattie al femminile, ha portato negli anni le donne a non essere credute quando descrivevano i loro sintomi.
Infarti diagnosticati come attacchi di panico perché “le donne non hanno attacchi di cuore, gli uomini sì”.
Endometriosi ignorata dai medici e spiegata con “è normale che il ciclo faccia male” (spoiler: non è vero, il dolore durante le mestruazioni non è MAI normale).
Vulvodinia sottovalutata e considerata un “problema di testa”.

Perché non si riesce a credere alle donne?

Quante cose andrebbero meglio se, semplicemente, si ascoltasse quello che le donne hanno da dire? Se si credesse alle loro parole?
Quando dicono che non si sentono al sicuro camminando per le strade della città.
Che il marito le picchia.
Che quell’uomo le ha stuprate.
Di non essere pagate come gli uomini.

Anche con l’ultimo evento mediatico che ha coinvolto il figlio di Beppe Grillo, abbiamo potuto vedere con i nostri occhi che la prima cosa messa in dubbio è stata la veridicità della testimonianza della vittima.
Persino oggi, mentre si potevano leggere nero su bianco i messaggi raccapriccianti scritti in un gruppo di diciottenni, i commenti dicevano: eh, ma non si sa mai. Queste ragazze mentono sugli stupri per ottenere qualcosa.

Non riusciamo o non vogliamo?

Perché è così facile credere a tre ragazzi di diciott’anni che “si stavano solo divertendo”, 3 vs 1, come dicono loro nei messaggi. Ma è così difficile credere che una ragazza così giovane, che davvero voleva solo passare una vacanza di divertimento, ne sia uscita vittima di violenza sessuale?
La risposta è semplice: non si vuole credere alle donne.

Questo ci porta all’argomento di oggi, un argomento profondamente ignorato, tralasciato, e che, quando portato a galla, non riscontra solidarietà.
Quello della violenza ostetrica.

Che cos’è la violenza ostetrica?

La violenza ostetrica può essere definita come una serie di comportamenti, dichiarazioni, inattenzioni, violenze vere e proprie, contro le donne in un momento di vulnerabilità totale come quella del parto.
L’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, è al corrente di questo problema da un po’ di tempo ormai.

Nel 2014, dopo l’iniziativa di attiviste sudamericane le quali hanno iniziato a sollevare il problema, ha pubblicato un documento intitolato “La Prevenzione ed eliminazione dell’abuso e della mancanza di rispetto durante l’assistenza al parto presso le strutture ospedaliere”. In questo testo si leggere che molte donne, durante il parto in ospedale «fanno esperienza di trattamenti irrispettosi e abusanti». Si aggiunge anche che questi trattamenti non solo violano «il diritto delle donne ad un’assistenza sanitaria rispettosa», ma possono anche «minacciare il loro diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica e alla libertà da ogni forma di discriminazione».

OVOItalia, osservatorio sulla violenza ostetrica

In Italia è presente un Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia (OVOItalia) che ha all’attivo una campagna chiamata #bastatacere, che non vuole fare altro che raccogliere le testimonianze di donne che hanno affrontato violenza ostetrica durante il parto.
Il momento del parto è sicuramente uno dei momenti di maggiore vulnerabilità, nella vita di una donna. Devi affidarti alle mani di esperti e di persone che si prendano cura di te e del tuo bambino, mentre tu sei impegnata ad essere forte.

Che cosa succede però quando le persone che dovrebbero proteggerti non lo fanno?
Nulla.
Perché questi atteggiamenti problematici (tra poco porterò degli esempi) non sono fatti con cattiveria, o con dolo volontario. Si inquadrano all’interno di anni di pratiche che si sono cementate nella routine di cura e che non vengono considerati negative dal personale medico. E nella mancanza totale di empatia, dovuta anche alle continue esperienze di parto vissute dallo staff medico.

La complessità della violenza ostetrica

Sia chiaro, questo non è un attacco ad ostetric*, staff medico, ginecolog*.
La pagina Facebook di OVOItalia, così come tutti gli altri post che parlano di violenza ostetrica e ginecologica, è sommersa da persone che difendono a spada tratta il personale medico, senza se e senza ma. Facendo questo non si sta facendo altro che ignorare il problema e tralasciarlo, considerandolo poco importante o falso.
Nessuno dice che TUTTO il personale medico di ostetricia o ginecologia, durante il parto, opera della violenza ginecologica sulle donne. Come nessuno dice che tutti gli uomini picchiano e stuprano e uccidono donne.
Ma sarebbe da stupidi dire che non c’è una vera emergenza, in Italia come nel mondo, di violenza sulle donne.
Come è da stupidi ignorare la presenza di un problema endemico come la violenza ostetrica perché non si è in grado di capire la complessità della vita e, soprattutto, di credere alle donne che ci sono passate.

#BASTATACERE

Di seguito troverete alcune testimonianze prese dalle migliaia presenti sulla pagina Facebook di #bastatacere.
Donne lasciate sole in stanza in pieno travaglio, con il divieto di far entrare il/la partner. A cui viene rifiutata l’epidurale, o viene ritardato il cesareo, mettendo in pericolo la vita della madre come quella del bambino. Manovre, come quella di Kristeller, che sono ormai obsolete e pericolose, il tutto per “velocizzare” il parto e poter passare al prossimo caso.
Frasi come “Hai voluto la bicicletta…” come risposta al dolore della partoriente, o “smettila di urlare”. Body shaming, recriminazioni come “hai sporcato il letto, potevi stare più attenta!”.

violenza ostetrica - testimonianza
violenza ostetrica - testimonianza1
violenza ostetrica - testimonianza

Perché c’è bisogno di rompere il silenzio sulla violenza ostetrica

Secondo OVAItalia, c’è bisogno di parlare del problema. Perché molto spesso le donne che hanno avuto esperienze di violenza ostetrica non ne sono consapevoli.
Cercano di dimenticare quei momenti così duri (anche se alcune poi, possono sviluppare la depressione postpartum) e, molto spesso, non ne parlano con nessuno.
L’unico modo per rendersi conto che c’è un problema è che più di una persona si trovi a farne esperienza. Solo nella condivisione, possiamo capire gli schemi tossici che sono, di fatto, violenza di genere.
E che cosa succede, quindi, quando nonostante moltissime donne prestino la loro testimonianza, non vengono comunque credute?

Niente, vi dirò. Non succede nulla. Non ci sono cambiamenti, non c’è un miglioramento. Lo status quo rimane invariato e continua ad andare a favore delle persone che fanno della prepotenza il loro modo di vivere.
Se vogliamo davvero cambiare le cose, dobbiamo credere alle voci delle donne.
Il problema è questo, vogliamo davvero cambiarle le cose, o continuiamo a trovare giustificazioni?

Le immagini con le testimonianze provengono dalla pagina Facebook Basta Tacere.

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