Urlo d'arte di Morgana Serafini

Urlo d’arte, il benessere psicologico passa anche attraverso l’arte

Quanto è difficile sostenere lo sguardo di chi ci sta di fronte? Io e Alberto Mantova ne abbiamo parlato con Morgana Serafini, titolare di Urlo d’arte, nel cuore del centro storico di Sora. Un’altra tappa dei Racconti d’impresa, questa volta per affrontare un tema importante come il benessere psicologico. Solo un anno fa Morgana ha intrapreso questa attività ma non senza difficoltà. I timori nei confronti della parola “terapia”, soprattutto tra gli adulti, scoraggia molti ad iscriversi ai suoi laboratori. Nonostante i pregiudizi, la poca apertura alle novità di questo territorio, Morgana va avanti, certa che il suo lavoro sia importante e che, presto o tardi, si riuscirà ad entrare nei cuori della gente. Ma andiamo a vedere insieme cos’è Urlo d’arte e cosa è possibile fare nello studio di Morgana.

Urlo d'arte

Urlo d’arte: un atto forte, liberatorio

Come prima cosa, io e Alberto non abbiamo potuto non chiedere a Morgana il motivo di questo nome.

L’urlo è un atto forte: per gioia così come per disperazione. Mi piaceva l’idea di un urlo fatto ad arte o urlare d’arte e ne ho visto questo doppio aspetto e devo dire che rimane impresso nella mente.

Come anticipato in apertura, Urlo d’arte è attivo da circa un anno, tuttavia i tentativi di avviare un progetto di lungo respiro affonda le radici già negli anni passati.

Ero partita anni fa con un’associazione, sempre in questa sede, ma faceva fatica a decollare. Ho cominciato quindi con questa realtà, tutta da sola, mettendo inizialmente un cestino con delle parole, poesie, filastrocche. Piccoli gesti in grado di dare un senso positivo alla giornata. Poi ho aggiunto i libri: qualcuno li lascia, altri possono prenderli, come il classico bookcrossing. Alcuni, quelli più adatti, li uso o li regalo ai bambini che vengono qui.

Urlo d'arte - particolari

I segreti dell’arteterapia

Ma cosa fa Morgana all’interno della sua attività? L’arteterapia, come lei stessa ci racconta, è qualcosa di poco conosciuto nel nostro Paese.

Il processo di arte terapia segue un percorso adatto a smuovere ciò che abbiamo dentro a livello metaforico. Di conseguenza parliamo di A ma in realtà dietro c’è B. Serve a portare fuori delle cose nascoste, camuffate o non dette. Spesso nascondiamo delle cose a noi stessi perché nell’agire quotidiano abbiamo bisogno di schemi, velocità, di superficialità. Poi però non ci accorgiamo che è la stessa superficialità che ci portiamo dietro, a crearci dei fardelli.

L’atto creativo, dunque, è liberatorio, ci dà gioia anche grazie al rilascio di endorfine. Tuttavia, pur essendo il nostro un Paese di grandi artisti, i più credono che l’arte sia sinonimo di perdita di tempo.

Non abbiamo solo un blocco contro la psicologia ma anche contro l’arte, quindi un doppio blocco, perché viene vista come qualcosa per fannulloni.

Particolari

I benefici di un sano stato psicologico attraverso l’espressione artistica

Gli adulti sono coloro che provano maggiore resistenza nei confronti della terapia psicologica. Un laboratorio sul quale Morgana puntava molto e che non ha raccolto consenso era incentrato sullo sguardo.

Il laboratorio era concepito un po’ alla Abramovich. C’era questo doversi guardare negli occhi inteso come “portiamo sempre la mascherina, diamo una effettiva valenza allo sguardo”, un modo per il sentire emotivo. Il guardarsi negli occhi non è una cosa facile. Non è andata come sperato ma ci riproverò.

Va meglio con i laboratori d’arte, quindi con scopo didattico più che terapeutico. Diverso è il discorso per i bambini, tendenzialmente molto più aperti ad esprimersi liberamente, senza filtri. L’arteterapia, poi, è molto utile e importante in casi in cui la comunicazione è difficile.

In un laboratorio ho lavorato con un bambino autistico con problemi nel linguaggio, non parlava. L’arte può aiutare, in questo caso, con l’utilizzo di immagini di animali per arrivare al suono, al verso dell’animale stesso. L’arte è un mezzo che fa da ponte per diverse cose, in base all’esigenza, e si veste bene in base alla persona che lo indossa.

Interno Urlo d'arte

Urlo d’arte, le difficoltà nell’operare su un territorio ostile

Oltre ai pregiudizi nei confronti della psicoterapia e dell’arte, Morgana si è vista costretta a combattere contro un territorio ostile, anche a livello politico.

Questo territorio è arido. Dico sempre che Sora è una bella signora maltrattata. Quello che fa male è vedere che nemmeno l’amministrazione comunale si è interessata alle mie attività, quando operavo in quanto associazione. I nostri rappresentanti non sono in grado di rispettare gli altri. Ma in generale ho ricevuto maggiore riscontro da persone che venivano da fuori Sora, ad esempio Ferentino o Formia, a seguire i miei laboratori.

Fortunatamente non manca il sostegno da parte di altre realtà associative del territorio, come Il Faro di Sora.

Qui l’ambiente è piccolo e non riesco a garantire il distanziamento sociale con più bambini. Diverso è con gli adulti. Grazie alle associazioni del territorio ho avuto l’occasione di usufruire di uno spazio esterno. A livello di supporto tra varie realtà posso dire che mi sento fortunata.

Opere d'arte

Le difficoltà di una piccola attività a causa del coronavirus

Purtroppo le dimensioni ridotte dello studio di Morgana han reso difficoltoso lo svolgimento delle attività e dei laboratori che aveva in corso.

Durante la quarantena mi ripetevo sempre: 30 mq compreso il bagno. Mi arrivavano i messaggi audio dei bambini. Mi sono mancati e sentivo il bisogno di fare il lavoro che tanto amo. Poi ovviamente mi rendevo conto anche di questi aspetti pratici che sono vincolanti. Nel mio carrello di progetti c’è quello di ripartire a settembre. Spero vada tutto bene. Ma andrà bene?

Nonostante le difficoltà oggettive Morgana non si lascia abbattere e pensa ai progetti futuri.

In futuro vorrei riprovare con il laboratorio sullo sguardo. C’è un discorso di sensibilizzazione da fare per far capire l’importanza dell’arteterapia. Il problema, nella maggior parte dei casi, non è che le persone hanno gli occhiali sbagliati ma che chiudono proprio gli occhi. Però sono convinta che col tempo si riuscirà a sensibilizzare le persone. Ma sarà un percorso lungo.

Immagini scattate dal fotoamatore Alberto Mantova.

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