colpo di stato Sudan

Sudan, cosa sappiamo del colpo di Stato in corso

Potremmo definirlo un colpo di Stato all’interno di un colpo di Stato. Quello che sta avvenendo in Sudan in queste ultime ore è poco chiaro e in continua evoluzione. Nella mattinata di lunedì un gruppo di militari ha assediato l’abitazione del primo ministro del Sudan, dichiarandolo agli arresti domiciliari. Tutto ciò è avvenuto dopo che il Ministero dell’Informazione aveva negato l’appoggio al golpe. Risultano arrestati anche i ministri dell’Industria e dell’Informazione e un consigliere del premier sudanese. Iniziativa che questa volta ha preso il largo dopo un primo tentativo fallito ad inizio ottobre.

Nella situazione concitata che si sta vivendo sappiamo che le telecomunicazioni sono state immediatamente interrotte e che la popolazione è scesa in strada per protestare. I manifestanti sono stati bersaglio dei militari che hanno sparato sulla folla ad altezza uomo uccidendo almeno dieci persone.

Sudan, una lunga serie di colpi di Stato

Il tentativo di colpo di Stato arriva in una fase molto delicata, di transizione, dalla dittatura trentennale di Omar al Bashir, deposto nel 2019, e le prime elezioni democratiche del Paese. A guidare il governo in questa fase di passaggio il primo ministro, Abdalla Hamdok, che, come detto in precedenza, è stato trattenuto come prigioniero dai golpisti. Dietro questa iniziativa ci sono sempre i militari, capeggiati dal generale Abdel Fattah al Burhan, che rappresentava il fronte militare nell’alleanza con i civili e che dopo la caduta della dittatura è stato investito di incarichi importanti.

A quanto si apprende, a livello internazionale già da mesi si subodorava una simile e possibile svolta golpista ma gli osservatori sono stati troppo lenti nell’agire a favore di una pacificazione tra le varie anime del Paese. Resta ancora molta confusione su quali siano le reali intenzioni dell’esercito. Dopo aver annunciato l’arresto del primo ministro, per molte ore non si è saputo nulla sul suo destino. Alcuni hanno perfino suggerito che potesse esserci proprio Abdalla Hamdok dietro l’iniziativa ma in questi casi il condizionale (e la cautela) è d’obbligo. Ciò che è certo è che il primo ministro e sua moglie sono stati, infine, rilasciati dopo circa due giorni e hanno fatto rientro nella propria abitazione di Khartoum (capitale sudanese). Troppo forti le pressioni della comunità internazionale che ha condannato l’accaduto, costringendo i golpisti ad un piccolo passo indietro.

Sudan, un equilibrio difficile da mantenere

Un passato travagliato fatto di colonialismo e, come abbiamo visto, di una lunga dittatura in tempi recenti. Nonostante la sua posizione (confinante a nord con Egitto e Libia, a est con l’Eritrea e l’Etiopia, a sud con il Sud Sudan, a ovest con la Repubblica Centrafricana e il Ciad) per lungo tempo ha vissuto un pesante isolamento a livello internazionale. Come stato islamico con a capo un generale vicino al Fronte islamico nazionale, capeggiato dal suo ideologo H. at-Turabi, il Sudan si è guadagnato una dubbia fama.

Non solo. Nei suoi lunghi anni di governo Omar al Bashir ha più volte ospitato il leader di al-Qā‛ida, Osama bin Laden, e appoggiato l’Iraq durante la prima guerra del Golfo (1991). Il fronte interno non è stato meno caldo. Il sud del Paese profondamente cattolico ha portato, nel gennaio del 2011, ad un referendum che ha sancito in modo inequivocabile (il 98,83% dei voti) la volontà d’indipendenza delle popolazioni del Sud Sudan da Karthoum.

Il grande problema dell’Africa

Nonostante il grande impegno mostrato da tutti i Paesi partecipanti all’Unione Africana (AU) il grande problema del continente resta l’instabilità politica. Un problema di cui tutti sembrano essere consapevoli senza che ciò comporti un qualche tipo di cambiamento. Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni su questo blog quando vi abbiamo raccontato del faraonico progetto di costruire la Grande Muraglia verde. O ancora della messa in atto della più grande area di libero scambio al mondo. Iniziative fondamentali per assicurare un futuro migliore ad un continente che nei prossimi decenni dovrebbe vedere aumentare di circa tre miliardi la propria popolazione. Ma che tipo di avvenire li aspetta?

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