Michela murgia stai zitta

“Stai zitta” di Michela Murgia: le frasi che le donne non vogliono più sentire

Ho scoperto dell’uscita del nuovo libro di Michela Murgia Stai zitta, attraverso un suo video su Instagram.
In questo appello l’autrice chiedeva alle sue followers di inviarle un breve video con tutte quelle frasi, profondamente sessiste, che erano state loro rivolte, o che avevano sentito più spesso, che odiavano di più e che non avrebbero mai più voluto sentire.

Stai zitta di Michela Murgia come esperienza condivisa

Quindi questo libro è nato con una perfetta sincronia multimediale. Non un’autrice che prende ispirazione dalle parole delle proprie sorelle, amiche, followers. Bensì una specie di prova tangibile, nero su bianco, o mettendoci la faccia sui video, che l’esperienza femminile, negativa in questo caso, è condivisa da molte.

Nel suo Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, il messaggio che vuole far passare Murgia potrebbe essere condiviso dall’esclamazione ormai famosa (anche troppo abusata) di Nanni Moretti: “Le parole sono importanti!”.

Attraverso le parole noi possiamo confermare, smentire, cambiare, modellare la realtà.
E le parole sono anche specchio della nostra cultura (di stampo patriarcale), delle nostre convinzioni, che siano esse coscienti o meno.

Le parole sono il veicolo primario del sessismo, seguito subito dopo dalla violenza.

Murgia vs Morelli: la genesi di Stai Zitta

In Stai zitta Michela Murgia passa in rassegna una serie di frasi che sentiamo tutti i giorni. Sessiste sì, ma in un modo subdolo, sottile, leggermente infame. Ma per non rischiare di far credere che sia solo retorica, inizia ogni nuovo capitolo con un’esperienza di vita vissuta. A volte le storie riguardano l’autrice in prima persona, altre volte sono di altre donne che, come lei, sono attive nel panorama mediale.

L’introduzione al primo capitolo, infatti, racconta il momento di concepimento dell’idea di Stai zitta.
Nel maggio del 2020, durante la puntata da lei condotta di un programma su Radio Capital, era ospite Raffaele Morelli, il famoso psichiatra e psicoterapeuta jolly della TV generalista.
L’occasione era un momento per parlare di dichiarazioni problematiche fatte dallo psichiatra in una precedente situazione. Più le domande di Murgia si facevano incalzanti, più Morelli perdeva le staffe, tanto da iniziare ad urlare: “Zitta! Devi stare zitta!”.

Sì, ma calmati

Morelli non aveva via d’uscita e ha deciso di zittire, con forza e arroganza, la voce della persona che, come dicono gli americani was calling him out, cioè lo stava rendendo consapevole della gravità delle sue parole. L’aggressività dimostrata da Morelli è stata riprovevole, ma è stata la scrittrice a ricevere la bacchettata sulle mani: “Lo hai provocato”.

Come se una donna che fa domande brillanti, calzanti e INcalzanti, sia automaticamente una “provocatrice” e non una persona di pari intelligenza che sta cercando di intavolare un discorso complesso.
Le donne, dice l’autrice, quando ribattono sono “rabbiose” (Sì, ma calmati; Hai ragione, ma sbagli il tono) ed emotive, mentre gli uomini sono assertivi e sicuri di sé.

Le aree semantiche che definiscono una donna che parla sono quasi sempre denigratorie. Se discorre è chiacchierona, linguacciuta, pettegola. Se ribatte è petulante, stridula, sguaiata, aggressiva.

Michela Murgia, Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo più sentire, pag. 8

Michela Murgia ripercorre diverse frasi, che riguardano anche il modo in cui i media rappresentano le donne, come madri prima ancora di professioniste. La Cristoforetti che da AstroSamantha diventa AstroMamma, mentre il suo collega Luca Parmitano rimane Luca Parmitano e non certo AstroPapà, anche se ha due figli.

La biochimica di BioNtech Katalin Karikò, colei che ha sviluppato la tecnica RNA per il vaccino Anti-Covid, viene battezzata “Lady BioNtech”, o anche “la mamma del vaccino”.

Io non sono maschilista ma…

Il capitolo che certamente mi è rimasto più impresso e che ricorderò per molto tempo è Io non sono maschilista, che suona un po’ come “Io non sono razzista ma…”

In queste poche pagine Murgia cerca di spiegare, con chiarezza e senza giudizio, come il fatto di “non picchiare le donne e voler bene alla mamma” non sia sinonimo di “non essere maschilisti”. Ma, soprattutto, vuole far capire cosa intende quando dice che se gli uomini non lavorano accanto alle donne per promuovere la parità di genere, per chiudere il gap salariale, per soffocare il sessismo e la misoginia, allora stanno lavorando per il mantenimento dello status quo.

La metafora del figlio del boss

Murgia, prendendo in prestito la metafora da Giulia Blasi, autrice di Manuale per ragazze rivoluzionarie. Perché il femminismo ci rende felici edito Rizzoli, racconta:
Essere nati maschi in una società come la nostra è come essere il figlio di un boss mafioso. All’inizio sei piccolo, non capisci quello che succede, ma godi dei privilegi dati dalla condizione di nascita.

Le tue mani sono pulite, non hai fatto ancora niente di male. Non hai venduto droga (ma hai ricevuto privilegi dal traffico), non hai sfruttato la prostituzione, non hai corrotto politici, non hai cementato bambini nei pilastri.

Poi cresci, diventi consapevole di quello che ti accade intorno. E qui hai tre strade: farti risucchiare e diventare un mafioso a tua volta; rimanere nell’ignavia e fare il “figlio del boss” per sempre; o accettare che l’“attività familiare” è ingiusta per molte persone e fare qualcosa per cambiarla.

Ma devi sempre ribattere?

Mentre una parte (troppo ampia) degli uomini, come Moretti, assume un atteggiamento difensivo, altri capiscono che il loro aiuto è fondamentale. Molti rimangono nell’ignavia.

Molte donne, dice Murgia, preferiscono non prendere una posizione per non sentirsi dire una di queste frasi: Ma devi sempre ribattere? Ma non ti sembra di esagerare? Guarda che sono gli uomini i veri discriminati. Ormai siete ovunque, avete anche le quote rosa. Su fattela una risata. Ma non si può dire più niente. Ti ho fatto solo un complimento.

Davanti ad ogni comportamento molesto ci intimano di essere superiori, sorridere, abbozzare e non opporre resistenza, perché tanto è una battaglia persa. L’idea che sia impossibile reagire è diffusissima e la si può capire. […]

Michela Murgia, Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo più sentire, pag. 102

Con questo testo Michela Murgia ci aiuta anche con qualcosa di molto realistico, qualcosa di immediato: ci aiuta con le parole. Con il suo stile, semplice, veloce e diretto, ci fa vedere dei modi validi ed intelligenti per rispondere. Perché sono anche le nostre parole, le nostre risposte, che possono aiutare a cambiare la realtà che abitiamo.

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