Sarah everard - stava solo tornando a casa

Sarah Everard: stava solo cercando di tornare a casa

Le strade di Londra sono in fermento, in questi giorni, in seguito ad un fatto di cronaca che ha colpito moltissimo l’opinione pubblica. La morte di Sarah Everard, una giovane donna rapita e uccisa da un agente di polizia fuori servizio.
Sarah Everard stava tornando a casa, attraversando un parco. Chiama il fidanzato, con cui parla per qualche minuto, poi più nulla.
La sua scomparsa viene denunciata il giorno dopo e iniziano subito le ricerche, per oltre tre giorni, prima dell’arresto del primo sospettato. Un poliziotto.
Il giorno dopo viene trovato il corpo della ragazza, fatta a pezzi. Saranno i suoi denti a confermare l’identità.

She was just walking home

Gli avvenimenti sconvolgono l’opinione pubblica. È l’ennesima donna che viene uccisa mentre sta cercando di tornare a casa, da qui il primo slogan delle proteste She was just walking home.

Il parco, dove Sarah è stata vista per l’ultima volta dalle telecamere, è diventato un luogo di pianto e proteste. Il pianto di molte sorelle che, toccate da quanto accaduto a Sarah, hanno lasciato le proprie case, la propria sicurezza per raggiungere il luogo per ricordarla. E anche protestare, contro l’ennesimo attacco contro le donne, contro la non presa di posizione della polizia e della politica.
La risposta delle forze di polizia è stata aggressiva: alcune donne sono state malmenate, trascinate a terra e, infine, arrestate.

La morte di Sarah Everard deve essere vista nel contesto strutturale della violenza contro le donne in questo paese, che include la polizia che ha brutalmente maltrattato le donne in lutto sabato, i fallimenti della polizia nell’indagare sui casi di stupro, così come sulla propria fedina penale, per non parlare di quelli commessi sugli abusi domestici contro le donne.

Dice l’associazione Sister Uncut, che ha organizzato il sit-in.

I precedenti dell’assassino passati inosservati

Il poliziotto, infatti, avrebbe avuto dei precedenti di molestie contro una donna. Una denuncia risalente a pochi giorni prima della scomparsa di Sarah, che non fa che rendere chiaro il modus operandi della polizia inglese (come anche quella nostrana) nel trattare personaggi evidentemente pericolosi. E soprattutto di quanto vengono prese seriamente le denunce di molestie sessuali su donne in UK.

Insabbiamenti nella polizia

L’Inghilterra ha inoltre una lunga storia di insabbiamento di accuse nei confronti dei fellow policeman, perpetrando ulteriori aggressioni fisiche e psicologiche sulle survivor.
Infatti, da quello che scrive il Time, tra il 2015 e il 2018 ci sono stati circa 700 casi di abusi domestici che hanno coinvolto agenti di polizia in tutto il Regno Unito, e tra il 2012 e il 2018 sono state presentate quasi 1.500 accuse di molestie sessuali, sfruttamento delle vittime di reati e abusi sui minori, contro agenti di polizia in Inghilterra e Galles. Inoltre, secondo un report del 2019 del Bureau of Investigative Journalism, la polizia riceve un trattamento molto diverso quando è accusata di abusi: solo il 3,9% delle denunce in Inghilterra e in Galles si è trasformato in una condanna, contro il 6,2% del resto della popolazione. Come sostengono le attiviste di Sisters Uncut:

Si vede come la polizia non sia capace o non voglia affrontare la questione all’interno dei propri ranghi, e come non protegga le donne.

Il coprifuoco “consigliato”

La “strategia” (se così vogliamo chiamarla) della polizia inglese, durante le dure ore che hanno portato alla scoperta del colpo di Sarah Everard, è stata quella di andare porta per porta a chiedere alle donne di non circolare per il quartiere da sole dopo le 18.
“Queste strade sono pericolose” ed è vero. Una ricerca del Guardian dice che il 97% delle giovani donne inglesi ha subito abusi sessuali almeno una volta nella sua vita.
È qual è la soluzione geniale per appianare questi numeri? Chiede alle donne di stare a casa.

Le strade sono anche delle donne

Questo ha attivato un movimento online che va sotto il nome di #reclamingthestreet, perché le strade di Londra, sì, sono anche delle donne.
Come sempre la responsabilità sociale e l’incapacità di educare i ragazzi e gli uomini al rispetto della donna, ricade su di noi. Sia come vittime, sia come, a quanto pare, uniche responsabili dell’educazione dei figli.
Veniamo tirate su fin da piccole a fare attenzione a cose che non passano neanche per la mente di un ragazzo. Non fare tardi. Evita di rimanere sola con gruppi di maschi.

Non ti distrarre con la musica. Guardati sempre le spalle. Tieni le chiavi a portata di mano. Non indossare vestiti troppo succinti (altrimenti te la sei voluta, no?).
Modifiche del nostro comportamento, di cui i maschi non devono preoccuparsi. Ma forse è ora che inizino a farlo.
Siamo noi a doverci procurare uno spray al peperoncino (chiedendoci anche se sia legale, o se rischiamo guai ad utilizzarlo), o a camminare con le chiavi strette tra le dita. A cambiare strada, a cambiare routine, ad andare via prima da una cena a casa di amici. Altrimenti si finisce come Sarah, morte ammazzate e fatte a pezzi.

La soluzione è davvero dare più potere alla polizia?

Si creano ronde (di ragazzi in cerca di botte facili di adrenalina), vediamo sempre più guardie in giro (ma non quando servono, non dove servono) ma non si fa nulla per educare all’uguaglianza di genere. Non si fa nulla per affrontare il problema della misoginia, delle aggressioni sessuali.

Proprio in questi giorni, infatti, la proposta del partito conservatore è quella di dare più potere alla polizia, introdurre restrizioni alle proteste, anche pacifiche, e ampliare i margini per fermi e perquisizioni. Tutte queste cose, sono ovviamente a favore di una categoria in cui sono presenti “le mele marce” e un sacco di altre mele compiacenti.

Il coprifuoco maschile

La richiesta ha ovviamente fatto arrabbiare molte persone, tanto da portare alla provocazione della deputata Jenny Jones: un coprifuoco per gli uomini.
Se sono gli uomini i diretti responsabili delle aggressioni a danno delle donne che “stanno solo cercando di tornare a casa” perché chiudere le donne tra quattro mura? (Dove, tra l’altro, avvengono la maggior parte delle aggressioni a danno delle donne).
Potete solo immaginare l’ondata di patetica rabbia arrivata dagli uomini.
“Non tutti gli uomini uccidono e violentano”.

A quanto pare chiudere gli uomini in casa dopo una certa ora è una violenza, ma chiedere alle donne di farlo è totalmente normale. Vestitevi in un certo modo, tornate a casa prima di una certa ora, non uscite dopo le diciotto.

Secondo Kate Manne, professoressa di filosofia alla Cornell University, «le libertà delle donne vengono viste come superflue, usa e getta – come spesso talvolta vengono tragicamente viste le donne stesse. Si assume automaticamente che dato che la vita degli uomini non è influenzata in modo significativo da questo fenomeno».

La retorica del “Not all men”

In più la retorica di “Not all men” è così terribile da farmi sorridere.
Ragazze, lasciate che vi dica una cosa, se un uomo dice “non tutti gli uomini…” probabilmente lui non è uno di quegli uomini.
La necessità di sottolineare una cosa così ovvia per tutti non fa altro che svelare la loro coda di paglia. Magari è vero, non hanno mai stuprato nessuno, ma magari conoscono qualche amico che potrebbe farlo (a riguardo vi consiglio il pezzo di X di Daniel Sloss, in cui racconta il suo stato d’animo di profondo dolore e senso di colpa quando si è reso conto che se avesse detto qualcosa al suo “amico” con comportamenti problematici nei confronti delle donne, magari avrebbe potuto salvare una sua amica da una violenza sessuale). Conoscono quell’altro che ha condiviso il video hot fatto con la sua ex, anche se lei non ha dato il consenso.
Fanno anche loro parte dei gruppi Telegram in cui si scambiano foto di donne come se fosse carne al mercato.

Non abbiamo bisogno di ignavi

Invece di tenere su dei muri inutili, questi sono i casi in cui gli uomini devono prendere una posizione. Non abbiamo più bisogno delle Svizzere della situazione. Non abbiamo più bisogno di quelli che dicono “io non faccio così, quindi non ho responsabilità”. Tutti voi avete la responsabilità di rendere il mondo un posto più sicuro per le donne.
Non vogliamo morire mentre torniamo a casa la sera. Vogliamo morire nei nostri letti, vecchie e decrepite, circondate dalle persone che amiamo.
Non vogliamo essere fatte a pezzi. Né vogliamo essere uccise in casa per mano di un sicario da pochi euro.
Non vogliamo essere scalciate giù da un motorino. Non vogliamo essere accoltellate sotto gli occhi di nostro figlio.
Vogliamo solo tornare a casa.

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