revenge porn

Revenge porn: quando la vittima è doppiamente vittima

Questa settimana volevo parlare di qualcosa di leggero. Volevo raccontare storie di crescita, di miglioramento. Volevo aprire una finestra di speranza sul futuro.
Ma non è questo il giorno. No, oggi devo arrabbiarmi di nuovo.

Perché ricordiamolo, amic*, che non essere arrabbiati è un privilegio.

Ho iniziato ad arrabbiarmi ad inizio settimana, quando ho letto i primi articoli che parlavano del licenziamento della giovane maestra che, due anni fa, ha subito una violenza terribile. Il revenge porn, lo chiamano.

Cos’è il revenge porn?

Il revenge porn è un modo per sintetizzare il comportamento criminale che sta nel diffondere video/foto “pornografiche” di ex-partner a scopi diffamatori.
Il veicolo preferito sono i social e le app di messaggistica istantanea che, anche se controllano il materiale pornografico, lo fanno in tempi troppo dilatati per proteggere la vittima. Dando ovviamente il tempo al materiale di girare da smartphone a smartphone e rovinare la vita della persona rappresentata.
Il più delle volte è un reato commesso da ex-fidanzati, ex-mariti feriti nell’orgoglio, che decidono così di esercitare l’ultimo controllo sulla vita delle loro ex-partner.

Il revenge porn rovina la vita

Quando dico “rovinare la vita”, non sto usando un’iperbole.
Possiamo pensare a questa maestra: da un giorno all’altra è stata licenziata e ha visto l’inizio di una lunga guerra nelle aule di tribunale.

Altre donne (a cui non chiediamo solidarietà femminile, ma un minimo di empatia) hanno favorito ancora di più la circolazione delle foto e dei video. Si è dovuta sorbire buoni “padri di famiglia” a cui andava bene guardare video porno amatoriali per il proprio piacere, ma che ritengono “donnacce” le donne che si prestano.
Si è dovuta sentir dire “Avrebbe dovuto aspettarselo”, oltre che subire minacce e aggressioni verbali da parte dell’ex-fidanzato.

Questa donna è forte…

Questa donna ha portato tutti in tribunale. È stata forte e sopravvivrà, mentre i veri criminali pagheranno (anche se una pena troppo blanda).
Ma altre non ce l’hanno fatta.
Ricordiamo Tiziana Cantone, giovane donna napoletana, che con la sua storia ha aiutato a cambiare la legislazione in tema di revenge porn. Qui la sua storia, che tutti dobbiamo ricordare.
Ma a quale costo?

Tiziana e il suo oblio

Tiziana voleva l’oblio, dopo che un ex-amante, aveva condiviso dei video hard con lei protagonista.
Voleva l’oblio, quando questo video è stato editato e pubblicato su Facebook. Ma non ce l’ha fatta.
Facebook non ha cancellato il suo video, che ha continuato a girare, fino a diventare un tormentone, una parodia. Utilizzato persino per delle canzoncine estive di cantanti di dubbio gusto usciti da X-Factor.
Tiziana non ce l’ha fatta e si è tolta la vita.

La sua sofferenza è così finita, penserete. Ma no, l’alone di vergogna per quello che è successo l’ha accompagnata nella tomba, colpendo anche la madre.
“Sì, mi dispiace per lei, però non doveva farlo…”

La rape-culture colpisce ancora

E a distanza di anni è esattamente quello che continuano a dire.
La rape-culture in cui siamo immersi, porta ancora una volta la bilancia a cadere dalla parte della vittima.
«In questa storia la donna non è la vittima. Lei ha mandato quei video, poteva immaginare ciò che sarebbe successo», dice il “padre di famiglia” a La Stampa, che chissà quante altre volte avrà ricevuto video intimi di giovani donne sul suo santo telefono di “padre di famiglia”.

E ancora una volta l’uomo che, intenzionalmente, ha pubblicato questi materiali viene glissato. A volte neanche citato.
Per l’ennesima volta la donna viene vista come la donna-angelo che “non può fare queste cose”, soprattutto se “lavora con i bambini” (come se i bambini si trovassero sotto al cavolo), a cui vengono subito strappate le ali se prova a vivere la propria sessualità in modo libero. L’uomo invece, è semplicemente “un uomo”.
Si sa che il sesso per loro è “naturale”. Boys will be boys, si dice.
Ma no, non possiamo più accettare il “so ragazzi”.

Il revenge porn è reato!

Ricordiamo che il revenge porn è un reato, e condannarlo con delle ore di servizi sociali perché l’ex fidanzato è “pentito”, non è abbastanza. E lancia ancora una volta il segnale che i ragazzi so ragazzi e per questo non verranno considerati responsabili delle loro azioni.
Avranno il tempo di pentirsi, di chiedere delle false scuse, di continuare la loro vita indisturbati. Mentre le donne perdono il lavoro, la dignità e la vita.

Nel nostro ordinamento il Revenge Porn è punito dall’articolo 612 ter del Codice penale “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” che vuole salvaguardare la privacy, la reputazione e la libertà sessuale individuale. Il testo dell’articolo 612 ter recita:

“Chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.”

E non solo, anche il “padre di famiglia” e sua moglie sono colpevoli, infatti la legge italiana punisce anche chi riceve o acquisisce immagini e video pornografici altrui e li invia, consegna, pubblica e diffonde senza il consenso della persona interessata.

Not all men, col cavolo

E ricordatelo, uomini. Se leggendo queste parole vi viene in mente di difendervi con “Non tutti gli uomini sono così…” fermatevi, ragionateci e chiudete la bocca. Perché vuol dire che voi non fate parte dei “non tutti”.

Boys will NOT be boys. Boys will be… held Accountable for their Actions

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