Non sarà più una novità l’elezione della nuova rettrice dell’Università la Sapienza di Roma, la Dottoressa Antonella Polimeni. Già Preside della Facoltà di Medicina e Odontoiatria, la Dott.ssa Polimeni è la prima donna a ricoprire questo ruolo nonostante la lunga storia dell’istituzione romana. Fondata nel 1303, La Sapienza ha visto avvicendarsi, fino ad oggi, ben 47 rettori, ma mai un donna. Almeno sino allo scorso venerdì 13 ottobre. La Polimeni ha sbaragliato la concorrenza ma adesso sarà chiamata, come gli altri suoi colleghi, ad affrontare la sfida lanciata dal coronavirus all’istruzione universitaria. Ma qual è lo stato dei rettori universitari in Italia? Il quadro che ne viene fuori è profondamente sbilanciato a favore degli uomini (come al solito) e delle materie scientifiche. Vediamo nello specifico cosa ci dicono i numeri.
Rettori universitari, una questione di genere
Non dovrebbe esserlo, ma anche quella dell’elezione dei rettori degli atenei italiani rientra a pieno nella problematica di genere. Tra le circa 80 istituzioni universitarie da me censite tramite internet, pubbliche e alcune private (le più autorevoli e famose), figurano solo sette rettrici. Le voglio nominare tutte: Dott.ssa Giovanna Iannantuoni (studi in economia) rettrice dell’Università Bicocca di Milano; la Dott.ssa Maria del Zompo (studi in medicina) rettrice dell’Università degli Studi di Cagliari. C’è, poi, la Dott.ssa Sabina Nuti (studi in economia) rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna; la Dott.ssa Giuliana Grego Bolli (studi in lingue e letterature straniere) dell’Università per Stranieri di Perugia. La Dott.ssa Maria Grazia Noci (studi in psicologia) è la rettrice dell’Università degli Studi della Valle d’Aosta. Eletta da pochissimo anche Tiziana Lippiello (esperta in lingua e cultura cinese), rettrice dell’ateneo Ca’ Foscari di Venezia. Questa la rosa di nomi delle rappresentanti al femminile dell’Università italiana, assieme ad Antonella Polimeni. Tutte dal centro Italia in su.
Esagerazione? i numeri parlano da soli
Come già raccontato su questo blog, grazie alla rubrica Woman Gaze(tte) e a Valeria Nigro, spesso chi lamenta delle discriminazioni viene tacciato di abusare del politicamente corretto. Ma i numeri parlano chiaro. Sette donne per ottanta atenei. Premesso che l’elezione a rettore è vincolato all’essere un professore ordinario ed è frutto di una candidatura, quindi della volontà di guidare l’istituzione universitaria, possibile che solo 7 donne abbiano raggiunto questo risultato? Per di più, in alcuni casi si tratta della prima elezione al femminile per l’ateneo, dal giorno della propria fondazione.
Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità.
Neil Armstrong
L’elezione della Dott.ssa Polimeni e l’altra recente nomina della collega Lippiello per l’ateneo veneziano, a distanza di un mese l’una dall’altra, è da prende come un segno sicuramente positivo.
Non solo disparità di genere ma anche di settore disciplinare
Andando a fare un’indagine circa il percorso di specializzazione dei rettori attualmente in carica, il 76,25% di loro riguarda una materia scientifica (potete visualizzarlo nel file allegato in fondo all’articolo). Le più rappresentate sono sicuramente quella di medicina e chirurgia (circa il 20%) e ingegneria (17,5%). Ne escono male le discipline umanistiche, rappresentate perlopiù da giurisprudenza (7,5%). Insomma, se è vero che il rettore (regola non scritta) è espressione delle facoltà più autorevole e/o con il maggior numero di iscritti dell’Ateneo, le materie umanistiche sono relegate ad un ruolo marginale. Alcune eccezioni interessanti riguardano, ad esempio, il rettore dell’Università IULM di Milano: Il Professor Gianni Canova, docente di “storia del cinema e filmologia”. Insomma, nonostante l’Italia sia la patria dell’umanesimo, è la scienza a guidare il nostro sistema universitario.
Le donne italiane nelle STEM
I dati sui rettori universitari italiani ci spinge anche ad un’altra riflessione. Quante sono le donne nelle STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) in Italia? Alcune recenti ricerche ci vengono incontro. Stando ai dati rielaborati da Startup Italia solo 12 donne su 1000, in Italia, scelgono di studiare materie scientifiche. Ma il quadro è nettamente migliorato rispetto a 15 anni fa: 16.848 laureate triennali nel 2018 contro 3.398 del 2004. Un gap ancora importante rispetto agli uomini (28.304 ragazze a fronte di 43.825 ragazzi) ma che va assottigliandosi. Le donne, in ogni caso, rimangono le più “brave”: media di laurea di 103,6 su 110, contro 101,6 degli uomini. Lo studio dell’Osservatorio Talents Venture ci dice anche che l’Italia fa meglio di altri Paesi europei piazzandosi in terza posizione, dietro UK e Polonia. Meglio le studentesse del sud Italia (19,2%) che delle regioni del nord (17,7%).
La parità di genere: obiettivo dell’Agenda ONU 2030
I dati Unesco dicono che nel mondo le donne attive nella ricerca sono solo il 30%. Inoltre, tornando alle nostre università, un recente studio pubblicato da Advances in Geosciences, conferma che le principali posizioni nelle geoscienze sono occupate da uomini. In 19 anni, pur essendo raddoppiato il numero di professori ordinari donne (dal 9% al 18,5%) e professori associati donne (dal 23,6% al 28,9%). Insomma, il cammino al femminile sta andando avanti ma è ben lontano da potersi definire concluso. Se è vero che a livello salariale nelle Università italiane non c’è un gap tra docenti uomini e donne (di media circa 55 mila euro lordi annui), rimane la disparità nelle cariche. I numeri, tuttavia, fanno sperare per il futuro. L’elezione della Prof.ssa Polimeni alla guida di uno degli atenei più antichi e grandi d’Europa può rappresentare un primo importante passo verso una maggiore parità di genere anche tra i rettori universitari.
Fonte immagine: Foto di Samuele Giglio su Unsplash.
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