cultura dello stupro - medusa

“L’ho mai pronunciata quella parola?”: lo stupro e il potere

Trigger warning: stupro

Ho già affrontato, su questi schermi, il concetto di cultura dello stupro.
Come reminder uso le parole di Emilie Buchwald, Pamela Fletcher, Martha Roth che in Transforming a Rape Culture (1993) che descrivono la cultura dello stupro, o rape culture, come:

«(…) un complesso di credenze che incoraggiano l’aggressività sessuale maschile e supportano la violenza contro le donne. Questo accade in una società dove la violenza è vista come sexy e la sessualità come violenta. In una cultura dello stupro, le donne percepiscono un continuum di violenza minacciata che spazia dai commenti sessuali alle molestie fisiche fino allo stupro stesso. Una cultura dello stupro condona come “normale” il terrorismo fisico ed emotivo contro donne. Nella cultura dello stupro sia gli uomini che le donne assumono che la violenza sessuale sia “un fatto della vita”, inevitabile come la morte o le tasse».

In quell’articolo parlavo del modo in cui si nascondeva nella vita quotidiana, di come intacchi ogni piccolo spazio della vita della donna. Ora, però, vorrei scendere un po’ nel buco nero.
Non ho intenzione di essere morbosa, come troppo spesso risultano gli articoli scritti su questo argomento, ma ho bisogno di parlarne per far passare un messaggio. Un messaggio che troppe volte si perde nella morbosità della narrazione giornalistica.
Lo stupro non ha niente a che fare con il sesso. Lo stupro è un atto di potere e di controllo sul corpo della donna.

Lo stupro è un atto di potere

Un messaggio per dire che l’abbigliamento che la persona indossava quando è stata stuprata non è un fattore determinante allo stupro. Al massimo, rappresentano una goccia di sangue nel mare, che non fa altro che attirare gli squali. Squali che non mangiano per bisogno. Non mangiano perché non possono farne a meno. Ma squali che decidono di utilizzare la forza per dimostrare di essere il predatore numero uno.

La minaccia è violenza

Uno stupro è tale anche quando non viene perpetrato. Perché quello su cui si basa il paradigma è la minaccia, la possibilità. Non possiamo neanche pensare a quanto della nostra vita modifichiamo o editiamo per paura della violenza.
Usciamo un po’ prima dal lavoro se dobbiamo prendere la metro, che adesso fa buio presto.
Prendo la strada più lunga, piuttosto che prendere il sottopassaggio.
Non bevo una goccia di alcool, perché devo essere lucida.
Non sappiamo mai quando ad un uomo potrebbe passare per la testa “Lei potrebbe essere facile da sottomettere”.
È un dominio fisico e psicologico. Agisce sempre, nell’atto e nella potenzialità dell’atto.

Nessuno ti crederà

Il potere è visibile quando l’atto è fatto con sicurezza perché “Nessuno le crederà” o “è la sua parola contro la mia”, nella convinzione che se la violenza venisse allo scoperto, è la figura della donna a soffrirne, a causa della società in cui viviamo. Nella minaccia, che continua a perpetrare la violenza nel tempo.
E a volte, hanno ragione.
A volte le donne non vengono credute, vengono violate ancora di più nel cercare di capire se dicono la verità. Vengono colpite nuovamente da commenti fatti con nonchalance, tanto poi si chiude il telefono e chi ci pensa più.

Survivor, non vittime

Il rispetto per le NON VITTIME, bensì SURVIVOR, SOPRAVVISSUTE, ad una violenza del genere è ai minimi storici. E, lasciatevelo dire, non è necessario esserci passati per capire cosa vuol dire. Bisogna avere empatia, tutto qui.

Ripeto, non ho intenzione di essere morbosa. Non ho intenzione di parlare di casi di cronaca, in cui descrivono nei minimi particolari cosa faceva, cosa indossava, che cosa le è stato fatto…
Ma vi porterò una testimonianza (perché solo quelle riusciamo a comprendere) ormai famosa, ma che, per quanto dolorosa, non possiamo dimenticare.

Franca Rame

La storia di Franca Rame

Parlo della testimonianza di Franca Rame. Attrice, politica e attivista italiana e, infine, moglie di Dario Fò, il famoso drammaturgo.
Tra gli anni sessanta e gli anni settanta la Rame fu attiva nel movimento femminista, oltre che essere molto attiva politicamente. Dichiaratamente di sinistra, portò avanti lotte per gli operai e aiuti per le persone detenute in carcere in pessime condizioni.
E, inoltre, era moglie di Dario Fò che, con le sue opere teatrali ed artistiche, era molto schierato politicamente.

Con l’intenzione di punire la Rame e suo marito per il loro lavoro e attivismo politico, il 9 marzo del 1973, cinque uomini appartenenti alla sfera della destra rapirono, torturarono e violentarono Franca Rame.
L’atto, puramente di controllo e potere, ha delle implicazioni storiche e politiche che immergono le radici nella storia veramente buia del nostro Paese.
Il corpo di una donna, forte, indipendente, attiva e con le proprie idee, è stato utilizzato per ristabilire gli equilibri di potere. Non hanno rapito Dario Fò, non hanno preso di mira l’uomo. Hanno preferito ferire sua moglie.

Chiamiamolo col suo nome

Franca Rame sopravvive alla violenza e ha delle possibilità che non tutte hanno. Un sistema di supporto, denaro, sostegno psicologico, posso immaginare. E ha anche la sua arte.
Da queste esperienze di vita, infatti, nasce Tutta casa, letto e chiesa da cui l’estratto più famoso chiamato Lo stupro.
A volte si censura questa parola. Per ingannare l’algoritmo dei social, che non apprezza parole del genere, ma anche perché finché non si usa quella parola non è reale.
Come dice anche Virginie Despentes (no, non ho ancora finito il libro):

L’ho forse pronunciata, quella parola? Mai. Le rare volte in cui ho cercato di raccontare la storia ho evitato la parola “stupro”: “Aggredita”, “raggirata”, “farsi incastrare”, “un incubo…”
Il punto è che finché non viene chiamata per nome l’aggressione perde la sua specificità, può essere confusa con altri tipi di aggressione […]. Questa strategia della miopia ha la sua utilità. Perché dal momento che chiamiamo il nostro stupro stupro, è tutto il sistema di controllo sulle donne che si mette in moto: vuoi davvero che si sappia quello che ti è successo? Vuoi che tutti ti vedano come una donna a cui è successo?

https://www.youtube.com/watch?v=PBPIkA2_hj0La Rame non lo fa. Lo chiama come deve essere chiamato, e lo esorcizza con questo pezzo meraviglioso e straziante che vi lascio qui, ma da affrontare con attenzione e autoconservazione, mi raccomando.

Come sempre…

Lo so, ho parlato solo di donne, ma lo sapete anche voi come si chiama questa rubrica.
Nonostante questo sappiamo che questo discorso coinvolge, in parte, anche gli uomini. Proprio perché lo stupro ha poco a che fare con il sesso e la sessualità, ma piuttosto con il potere e la predominanza, nessuno è esente da questo discorso e da questo pericolo.

Ricordiamocelo, la prossima volta, quando leggiamo una notizia, quando vediamo un servizio, quando stiamo per scrivere un commento. Ricordiamocelo.

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