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Le conquiste non sono per sempre: la Polonia e la prepotenza ideologica

Le conquiste del femminismo, come tutte le conquiste, non sono per sempre.
Abbiamo potuto vedere in diverse occasioni e in diversi contesti come, una conquista dei diritti civili e sociali, possa essere spazzata via come se non ci fosse mai stata. Spazzata via dall’insediamento di un governo diverso, dalla nomina di un ministro piuttosto di un altro, da persone come te che un giorno si svegliano e vogliono decidere della vita delle altre persone. Esattamente come sta avvenendo in Polonia in questo momento. Per cancellare un diritto ci vuole davvero poco. Fortunatamente ci sono persone pronte a scendere in piazza e protestare per evitare che ciò avvenga e, forse, dei piccoli risultati si possono ottenere.

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Lo abbiamo imparato nel modo peggiore nel (non troppo lontano) 2008, quando la Corte Suprema della California, negli Stati Uniti, abolì la legge che vietava i matrimoni tra persone dello stesso sesso, dichiarandola incostituzionale.
Ci furono momenti di gioia, festeggiamenti, persone che erano stat* compagn* di vita coronarono il loro sogno d’amore sotto la protezione del loro Stato.
Stato che ben presto li ha traditi, così come i loro concittadini.
Con la Proposition 8 lo stato della California ha deciso di mettere ai voti la vita di molte persone, di cittadini, di tax-payers, per abolire la neo-abolizione del matrimonio omosessuale.

Così il 5 novembre 2008, dopo 7 mesi di legalità, il matrimonio tra persone dello stesso sesso viene impedito nuovamente.
Tutto il mondo si è mobilitato contro la Proposition 8, tanto da portare i sostenitori a scavalcare i tribunali californiani e affidarsi a quelli federali, che hanno considerato assolutamente illegittima la volontà di “mettere ai voti” con un referendum i diritti di base di tanti esseri umani.

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Sì, questa storia ha avuto un lieto fine e noi ne siamo stati testimoni.
Fortunatamente siamo stati testimoni anche della promulgazione di molte leggi che, negli ultimi anni, hanno permesso a persone emarginate di sentirsi parte integrante di una società che contribuivano a sostenere.
Ma c’è ancora molta strada da fare.

La deriva pericolosa della Polonia

Le notizie dolorose provenienti dalla Polonia sono un esempio vicino e pauroso di come, diritti che dovrebbero essere insiti nel nostro essere persone, possono venir cancellati con una semplice firma.
La legge sull’aborto della Polonia, datata 1993, è una delle più stringenti d’Europa. Consente infatti l’aborto solo in tre casi: pericolo di vita per la madre, malformazione del feto, stupro.
È una legge che limita in modo totale le libertà personali e sanitarie delle donne polacche, che non possono, letteralmente, decidere cosa fare del proprio corpo.

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Pro-cosa?

Questo ha in qualche modo diminuito gli aborti? Assolutamente no, ha solo edulcorato i numeri. Quei numeri che piacciono così tanto perché danno pacche sulle spalle a persone che non vogliono vedere la realtà.
Nel 2019 sono stati registrati 1.100 casi di aborto legale in Polonia, ma secondo le stime dei gruppi femministi che combattono tutti i giorni per la protezione delle donne, sono tra le 100 e le 200 mila le donne che nel 2019 si sono recate negli stati vicini (Repubblica Ceca, Slovacchia, Germania, Ucraina) per abortire in modo illegale o a pagamento in sistemi sanitari differenti.

La legge ancora più stringente

Nonostante la già estrema severità della legge, la scorsa settimana la Corte costituzionale polacca (a capo di cui c’è una donna) ha dato la possibilità al governo di inasprire ancora di più la legge sull’aborto. Ora sarà infatti impedita l’interruzione volontaria di gravidanza anche in casi di grave malformazione del feto.
La legge è stata presentata alla Corte dal Partito della legge e della giustizia, PiS, attualmente al governo, un partito di taglio nazionalista, cristiano e tendente a destra.
La legge non entrerà in azione prima dell’okay del presidente Duda, che ha però già dato il suo nullaosta alla legge.

I richiami dell’UE

In Polonia, negli ultimi anni, c’è stata una pericolosa virata a destra che ha portato a diversi richiami da parte dell’UE.
Il governo aveva più volte provato a introdurre restrizioni, con l’aiuto di associazioni cattoliche non propriamente apolitiche. Trovandosi sempre davanti l’ostruzionismo dei movimenti femministi non sono riuscite ad andare in porto.
Tutto è più facile ora che il governo ha abolito l’autonomia della magistratura, assoggettandola al potere politico. La Corte costituzionale, infatti, è composta principalmente da giudici conservatori, nominati dal governo stesso in modalità poco chiare e limpide, aspramente criticate dall’UE.

La virata a destra

La virata a destra grava sulle donne e sulla comunità LGBT, tanto che alcuni comuni polacchi hanno espresso di voler essere “LGBT free”, dichiarando di non essere un posto sicuro per gli appartenenti alla comunità.
Inoltre, alle donne non sposate non è consentito di ricorrere alla fecondazione assistita, addirittura requisendo gli ovuli ed embrioni conservati nelle cliniche.
Ricordiamo inoltre che la Polonia, sempre sotto la guida del PiS, ha cancellato la ratifica della Convenzione di Istanbul, cioè il testo sulla prevenzione e contro la violenza contro le donne e la violenza domestica.

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Le notti di Varsavia

Ma le donne polacche non sono rimaste in silenzio.
Nel giro di poche ore le strade di Varsavia si sono riempite di donne e uomini che lottavano e manifestavano per i diritti umani fondamentali.
Negli ultimi anni, infatti, si è venuto a formare un vero e proprio femminismo made in Poland, che combatte strenuamente contro le mosse del governo di taglio nazionalista e (fondamentalista) cristiano. Governo che adesso sta cercando di utilizzare l’emergenza Covid-19 non solo per bloccare le proteste, con l’esercito in tenuta anti-sommossa, ma, ufficialmente, per scongiurare la “minaccia epidemiologica”.

Abortion without borders

Abortion without borders è la campagna firmata, portata avanti dalle associazioni femministe polacche e sottoscritte da tantissime altre in tutti gli stati europei.
Un network di informazioni, conoscenze, aiuti morali, psicologici ed economici, per sostentare le donne nel momento di massima fragilità.

Senza confini

È sul without borders, che vorrei soffermarmi.
Non è una campagna stato-centrica, ma una che vuole coinvolgere le donne in uno spirito comune.
Come dicevo molte settimane fa, ormai, nel primo articolo di questa rubrica, l’empatia ci salverà la vita.

Non è un problema polacco, è un problema di tutte le donne. Le più fortunate non dovranno affrontarlo, nella loro vita, altre sì. Al di là di quali siano le convinzioni personali, non ci si può permettere di proiettarle verso l’esterno, imponendo la nostra esperienza e i nostri punti di vista sugli altri.
Così come i cittadini della California non avevano nessun diritto di scegliere per le vite di alcuni loro concittadini; allo stesso modo la Chiesa e lo Stato non hanno nessun diritto di scegliere della vita e del corpo delle persone che possono rimanere incinte.
Questo è un femminismo di resistenza, perché il femminismo da conquista non basta.
Come abbiamo visto, i diritti per i quali abbiamo combattuto, possono esserci tolti in men che non si dica, e non possiamo permetterlo.

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