Io ve lo ripeto spesso, che il femminismo intersezionale coinvolge ed è utile anche agli uomini.
Certo, questo concetto continuerà a rimanere ostico fino a quando gli uomini interpreteranno ogni iniziativa verso la parità di genere come un attacco personale. La cosiddetta coda di paglia è, infatti, l’ostacolo più grande che le femministe devono combattere per cercare degli alleati.
Non che al femminismo servano, necessariamente, degli alleati uomini ma, per così dire, farebbero comodo.
Mascolinità tossica
In ogni caso oggi vorrei parlare della mascolinità tossica, o toxic masculinity in inglese.
Molti dicono che la mascolinità tossica sta uccidendo gli uomini, ed è vero, ma sta uccidendo anche e soprattutto le donne.
Ma andiamo per gradi: cos’è la mascolinità tossica?
La mascolinità tossica è uno dei modi in cui la società patriarcale danneggia gli uomini. Si riferisce a quelle aspettative che la società ha nei confronti degli uomini: cioè che devono essere forti, non emotivi, sessualmente capaci e virili, capaci di mantenere la famiglia e di affermarsi nel ruolo di lavoratore come in quello di compagno e marito.
Non è una vera e propria definizione, perché è difficile da afferrare. Sono un mix di comportamenti e messaggi che gli uomini assorbono fin da bambini. Una specie di manuale su come essere un Vero Uomo, e nel momento in cui si rendono conto che non possono e non riescono a stare al passo con tutte queste aspettative, l’esito può sfociare nella depressione o nella violenza.
Interiorizzazione della mascolinità tossica
Nello stesso modo in cui la misoginia interiorizzata fa di alcune donne gli ingranaggi perfetti della macchina del patriarcato, allo stesso modo la mascolinità tossica ha il compito di tenere la società nell’attuale status quo.
L’idea che l’uomo debba essere quello forte e di conseguenza la donna debba rimanere nella condizione di voler essere protetta e curata. L’aspettativa che i veri uomini siano forti e non debbano lasciarsi andare ad emozioni, essere sempre sotto controllo.
Anche dal punto di vista sessuale c’è questa visione del maschio iper-sessualizzato e iper-sessualizzante (verso le altre persone). Di conseguenza qualsiasi uomo che non risponda a tali necessità finisce per essere bannato come “poco maschio” o non un “Vero Uomo”.
Questa idea dell’uomo forte, che non deve farsi mettere i piedi in testa, crea una paurosa ombra di vergogna intorno agli uomini che soffrono di violenza domestica o che subiscono violenza sessuale.
L’ombra della vergogna
Questo è un modo in cui la società impedisce a questi uomini di parlare e di cercare conforto e giustizia. Le donne hanno le medesime paure, perché a lungo non sono state credute o prese sul serio. Gli uomini possono aver paura di essere ridicolizzati, persino dalle forze dell’ordine, un ambiente che sicuramente esubera di mascolinità tossica.
Il silenzio imposto non è certo salutare per gli uomini, che non si sentono disposti neanche a parlare con professionisti. Perché cercare aiuto all’esterno, e non dentro di sé e nella propria forza fisica e di spirito, vuol dire essere deboli e non veri uomini.
Si insegna fin da piccoli ai bambini a “non piangere”, perché sono degli “ometti” e devono essere forti. Se manca il padre finiscono per essere ben presto “promossi” a “ometti di casa” o detto loro di “proteggere la madre o la sorella”. Il tutto, tenendo bene a bada le proprie emozioni.
Questo genere di repressioni emotive, più la difficoltà nel chiedere aiuto, può portare a depressione, stress, abuso di sostanze e, infine, il suicidio.
Depressione e suicidio come conseguenze
I dati, infatti, parlano chiaro, gli uomini si suicidano di più e anche in giovane età. Il collegamento tra mascolinità tossica e suicidio elevato tra gli uomini è stato presto trovato.
Situazioni come la perdita del lavoro, che di conseguenza porta ad una perdita di status per l’uomo, diventa una delle cause di suicidio più comuni. Legata anche all’incapacità di mantenere la famiglia, come viene richiesto in una comunità patriarcale, e quella di evitare di chiedere aiuto a professionisti.
Derive di misoginia e omofobia
Quindi sì, la mascolinità tossica sta uccidendo gli uomini, ma non solo.
Il concetto del Vero Uomo e la mascolinità tossica non può che avere derive di misoginia e di omofobia.
Omofobia sia esterna che interiorizzata.
Spesso, infatti, nella società l’uomo omosessuale viene considerato più “femminile”, e quindi, per definizione, non un Vero Uomo. Di conseguenza questo può portare a rifiuti violenti da parte degli uomini che vogliono essere considerati come dei baluardi della mascolinità o dei veri alpha, fino all’eccesso di non riuscire ad accettare il proprio orientamento sessuale e vivere nella bugia. Una causa, questa, di depressione.
Purtroppo la comunità omosessuale non è esente da questi discorsi, trovando molto spesso uomini con una profonda omofobia interiorizzata, che può assestarsi intorno ai tradizionali ruoli sessuali o di comportamento.
Quindi un uomo che preferisce ricevere la penetrazione durante un rapporto sessuale verrà visto come più femminile, mentre l’uomo attivo come un Super Maschio.
L’omofobia interiorizzata potrebbe bloccare la persona davanti alla possibilità di cambiare le dinamiche dei loro rapporti sessuali, vivendo strettamente in un binomio eteronormativo e limitante. E, ancora più gravemente, fare diretta discriminazione verso le persone della propria comunità.
E poi c’è la misoginia…
E poi c’è la misoginia.
La mascolinità tossica è strettamente legata con quella vera e propria emergenza sociale che va sotto il nome di femminicidio.
Se il mondo racconta che il loro essere uomini gira intorno alla capacità di mantenere il controllo e di far rispettare la propria volontà e la propria forza, nel momento in cui si trovano davanti ad un rifiuto la risposta può velocemente diventare violenta.
L’atteggiamento violento, nell’uomo, viene premiato fin da subito. Il bambino è forte, la bambina è bella.
Il bambino ribelle e casinista viene visto con un sorriso sghembo, la bambina che si comporta allo stesso modo viene redarguita.
L’intero modo che abbiamo di tirare su i bambini li porta in una condizione in cui non riescono ad accettare un rifiuto, un fallimento, o a rispettare la decisione altrui che non collima con la propria.
Il rifiuto
Donne che rifiutano, che lasciano, che divorziano, che scappano, sono la rottura dello status quo che l’uomo non riesce a gestire. Rispondere con la violenza è l’unico modo che sentono di avere per riacquistare un controllo sulla vita delle ex compagne. Uccidendole, uccidendo i loro figli, perseguitandole, togliendo loro la libertà e l’indipendenza.
Quindi sì, la mascolinità tossica sta uccidendo gli uomini, ma sta anche e soprattutto uccidendo le donne.
Come cresciamo i nostri figli
Quello che possiamo fare, come dico spesso arrivata all’ultimo paragrafo, è cambiare il modo in cui cresciamo i nostri figli.
Le differenti aspettative, le differenti parole che utilizziamo con i ragazzi e con le ragazze rimangono ben impressi nella loro mente, anche se sembrano solo parole.
Negli ultimi anni c’è sempre più sensibilità verso questo argomento, soprattutto nelle generazioni più giovani che iniziano ad avere diversi role model.
Per quanto ci siano stati nella storia personaggi come Prince, Freddy Mercury, David Bowie, Elton John, che hanno sempre giocato sull’androginia e sulla sottile linea tra il femminile e il maschile, sono rimasti nella storia come delle “eccezioni alla regola”.
Dopo l’ipermascolinizzazione degli anni ’90 e i primi 2000, oggi personaggi come Harry Styles e Lil Nas X e i nostri Maneskin stanno riportando sui red carpet look tradizionalmente considerati femminili. E i giovanissimi su TikTok e Instagram stanno rompendo quel binomio limitante maschio/femmina. Rielaborando così, nel 2021, il significato di mascolinità.
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