Il signore delle mosche

Il signore delle mosche ed il fallimento della democrazia

No, Il Signore delle mosche è un libro che non mi è piaciuto. Sì, ve lo dico così senza mezzi termini, d’altronde, dove sta scritto che deve piacerci sempre tutto quello che leggiamo? Questa volta mi sono imbattuta in questo romanzo, premiato col Nobel per la letteratura nel 1983 parecchi anni più tardi dalla prima pubblicazione avvenuta nel 1958. Nonostante non mi sia piaciuto vi invito comunque a leggere l’opera di William Golding, nome originale Lord of the Flies.

Sebbene lo si possa definire un romanzo di formazione (i protagonisti sono un gruppo di bambini di età variabile), Il Signore delle mosche rappresenta una felice analisi del fallimento della democrazia. Bambini e democrazia (?), vi chiederete voi? Ebbene sì, è proprio questo il contesto attorno al quale ruota l’intera vicenda narrata dallo scrittore britannico.

Il signore delle mosche: la guerra ed un’isola deserta

Tutto inizia da un incidente aereo, o perlomeno è questo ciò che si intuisce dalle prime pagine del libro. Il governo britannico, per portare in salvo i bambini dalle atrocità della guerra, decide di trasferirli altrove. Dove, questo non si sa. Sta di fatto che un nutrito numero di bimbi finisce su un’isola deserta, probabilmente un atollo caraibico, vista la descrizione che ce ne viene fatta.

Da lì si intessono le vicende di questa nuova comunità che deve darsi delle regole se vuole riuscire a sopravvivere in attesa di essere salvati da una qualche imbarcazione in transito. Ma sin da subito, nella presentazione dei personaggi, è osservabile la nascita di una conflittualità tra le due maggiori personalità del gruppo: Ralph e Jack. Il primo viene, tramite votazione plebiscitaria, eletto a capo del governo dell’isola; a Jack e ad i suoi cacciatori viene assegnato da Ralph il compito di procurare la carne. Al centro dell’azione democratica vi è una conchiglia: suonandola si indice l’assemblea generale; tenendola in mano si ha diritto di parola.

Il signore delle mosche: fate fuoco!

Ralph, parlando da vero leader, sa che la vera missione è quella di essere salvati e per farlo occorre produrre del fumo. Grazie al prezioso consiglio di Piggy, l’unico ragazzo davvero sveglio sebbene timido del gruppo, si organizza la vita della comunità. Spinti dalla voglia di avventura, i bambini si gettano con gioia ed entusiasmo nella missione… ma solo per pochi fugaci istanti. La maggior parte di loro è di giovanissima età, tanto da essere definiti i “piccoli”, e non in grado di adempiere alle proprie mansioni.

In breve, trascorsi i primi tempi di euforia, ha inizio la fase di lassismo, dello scoraggiamento e dell’anarchia. E’ proprio in questa cornice di confusione che il conflitto tra Ralph e Jack comincia a prendere il sopravvento. La paura, una delle emozioni più potenti ed ancestrali dell’uomo, comincia a serpeggiare tra i giovani abitanti dell’isola. Ed è lì che la magia si rompe. E’ li che inizia il percorso verso il signore delle mosche.

Una critica della democrazia

Non vi anticiperò, ovviamente, tutto la trama compreso il finale. Ciò che è certo è il tentativo di Golding di effettuare una disamina delle dinamiche della democrazia e quanto sia fragile di fronte agli interessi dei singoli. Non so se questa visione sia il frutto dell’esperienza della guerra e dei totalitarismi che avevano quasi distrutto il continente europeo: il culto del singolo che con la forza ed il richiamo a sentimenti ancestrali, domina le menti di una collettività.

Sebbene sia un libro del 1958 non posso che osservare una certa aderenza anche al contesto attuale in cui i personalismi prevalgono rispetto al benessere della collettività. Il dibattito politico attuale, in Italia così all’estero, è tutto incentrato su argomenti cari ai capi di partito per ottenere consenso ed acquisire sempre più potere. E forse, in questa chiave, il libro di Godwin è davvero illuminante. Non perdetevelo.

Immagine di copertina: Foto di Sasin Tipchai da Pixabay.

Lascia un commento