Ormai il 20 gennaio è arrivato così come il passaggio di consegne tra i due uomini del momento: Donald Trump e Joe Biden. Nonostante abbia concluso il proprio mandato, il Presidente uscente degli Stati Uniti d’America, pochi giorni fa, ha proseguito la sua guerra dei dati contro la Cina. Questa volta la vittima designata è il colosso dell’informatica Xiaomi, accusata dal governo americano di essere affiliato all’Esercito della Repubblica Popolare Cinese. Dopo quanto avvenuto l’anno scorso nei confronti di Huawei, che ha dovuto privare i suoi smartphone dei servizi Google, questa è la volta dell’altra azienda cinese. Che c’entri qualcosa il fatto che sia diventato recentemente il terzo colosso mondiale dietro Samsung e Huawei, appunto? E’ sicuramente una possibilità da non escludere.
Guerra dei dati: le imposizioni alle aziende americane
Ormai lo scontro ideologico che si sta delineando da almeno un decennio si gioca tutto sui dati e le informazioni. Il fatto che il Paese asiatico sia uno tra i più avanzati nello sviluppo di queste tecnologie, desta preoccupazione tra gli americani. C’è comunque da sottolineare come, in realtà, rispetto all’altra società “sorella”, Xiaomi abbia avuto delle condizioni meno dure. E’ stata aggiunta dal Dipartimento della difesa alla black list assieme ad altre società come la Commercial Aircraft Corporation of China (Comac), ma le restrizioni, in questo caso, si limitano all’imposizione per le aziende americane di non investire in quelle presenti nell’elenco. Xiaomi potrà, dunque, continuare ad acquistare i chip dalle aziende statunitensi e ad utilizzate il sistema operativo Android. Potrebbero sopraggiungere altre sanzioni? E’ una possibilità ma non sarebbe per mano dell’amministrazione Trump.
Guerra dei dati, sì, ma anche scontro di ideologie
Come avevamo accennato nell’articolo della settimana scorsa sui fatti di Capitol Hill, Trump ha assunto un ruolo aggressivo rispetto alle politiche commerciali soprattutto per quanto riguarda le importazioni di beni. Ma questo “gioco” valica i confini del protezionismo per sfociare in una vera e propria partita a scacchi con l’avversario politico. Con il crollo dell’Unione Sovietica, gli USA hanno perso il nemico per eccellenza. Ma non solo. Lo stesso campo di scontro è cambiato. Come ha giustamente evidenziato Dario Antares Fumagalli in un articolo di Agenda Digitale che vi invito a leggere attentamente:
La sinergia tra scienze cognitive e sviluppo tecnologico sta aprendo scenari fino a poco tempo fa impensabili nel campo del controllo e del condizionamento dei comportamenti umani, in particolare di massa. Ecco perché molti esperti pensano che è la matematica la chiave delle guerre (fredde e non) del presente, mentre in passato si pensava alla fisica (bomba atomica).
Insomma, cambia l’avversario (la Cina) così come l’oggetto del potere e del desiderio (i dati). In mezzo ci siamo noi, i cittadini con i nostri gusti, le nostre abitudini, le nostre credenza. Ed è proprio questo che fa gola alle potenze mondiali. La conoscenza è potere. Ne so una testimonianza chiara alcune vicende dell’ultimo decennio. WikiLeaks, Cambridge Analytica, il Russia Gate. Soprattutto quest’ultimo episodio, testimonia quanto i Governi possano sfruttare questi dati per il proprio tornaconto personale. In questo caso orientando il pensiero politico e spostando l’elettorato verso il proprio candidato. Chi, direte voi? In quel caso Donald Trump!
Avere le informazioni vuol dire avere potere
In tutto ciò, mentre le grandi potenze mondiali giocano il proprio match tennistico, l’Unione Europa segue dagli spalti in attesa di conoscere il nome del vincitore. Non potendo vantare grandi aziende tech, il vecchio continente si limita (si fa per dire) a seguire la sua tradizione di culla del diritto, regolamentando. Tutto affinché i nostri dati siano tutelati. Compito, anche questo, sicuramente non facile vista la rapidità con cui viaggia la tecnologia. A tal proposito, vi siete mai fermati a riflettere su quanto sia cambiata negli ultimi dieci anni? Spaziale. Ed è proprio questo il grande ostacolo dei legislatori. Nel frattempo che questi ultimi ci proteggano adeguatamente sta a noi farlo in prima persona. Quindi occhio! Il Grande Fratello (non quello di Canale 5) ci osserva e gioca con noi. Siamo pronti a difenderci?
Immagine di copertina: Foto di Pete Linforth da Pixabay.
Lascia un commento