È arrivato e si è concluso così il mese di giugno, sesto mese di un anno che sembra essere durato un’infinità.
Molte cose sono accadute dall’inizio dell’anno, un corso di eventi che nessuno avrebbe potuto anticipare. Prima di tutto la pandemia, che ha (s)travolto il mondo e che se da una parte ci ha dimostrato – nel modo più duro – che siamo tutti uguali davanti alla malattia e alla morte, dall’altra ci fa vedere come alcuni privilegi possano cambiare le carte in tavola.
Poi le manifestazioni del movimento Black Lives Matter che stanno imperversando in tutto il mondo e urlano in modo chiaro e innegabile che il razzismo esiste, è vivo e vegeto, e non possiamo più far finta di niente.
Non possiamo più girarci dall’altra parte.

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Un punto di partenza sul Femminismo intersezionale
E arriva giugno, il mese del Pride, il mese dedicato all’orgoglio LGBTQIA+. Il mese in cui si marcia, si festeggia, si urla in faccia all’omofobia. Ma anche il mese in cui si ricordano le persone che hanno sofferto per quello che sono, che sono morte per quello che erano.
Per serenità di mente siamo portati a pensare a compartimenti stagni, a dividere le problematiche, come se non fossero tutte interconnesse in una società che è interamente interconnessa.
Per questo motivo non potevo che scegliere questo tema, per il mio debutto nel mondo del Reporter Cinico.
Ho deciso di scrivere qualcosa, solo un punto di partenza, sul Femminismo intersezionale, per attivare la conversazione e mettere in ordine le idee, anche per la sottoscritta.

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Unione di movimenti
Il movimento femminista è sempre stato molto incompreso, compreso male, ignorato, banalizzato per rientrare negli schemi dei pregiudizi, perché così era più facile.
Negli anni si sono venute a formare anche delle ali più radicali che non rappresentano tutte le donne, così da creare una divisione netta in una comunità che ha la necessità di rimanere insieme, per sopravvivere. Per continuare a combattere per delle vittorie che sono state ottenute, ma che non sono “in banca”, ma sono continuamente messe in discussione.
Non abbiamo bisogno di radicalizzazione, non abbiamo bisogno di dogmi, non abbiamo bisogno di dividerci, ma di rimanere uniti.
Viene richiesta adesso un’idea trasversale di femminismo, perché il Pride si unisca al movimento del Black Lives Matter, perché il femminismo si unisca al Pride e al Black Lives Matter.
Perché tutto è interconnesso.

Esempi di complessità
Per fare un esempio di complessità: una donna può essere non solo donna, ma anche nera, disabile, di religione islamica, e queer (appartenente alla comunità LGBTQIA+). Di conseguenza questa donna potrebbe essere discriminata in quanto donna, nera, potrebbe soffrire di islamofobia, omofobia, abilismo.
Come si sovrappongono quindi le identità, si sovrappongono anche gli strati di esclusione e discriminazione che abbiamo imparato a conoscere: sessimo, razzismo, abilismo, transfobia, omofobia ecc.
Allora che si dovrebbe fare? Fare attivismo contro il razzismo, perché si è neri? Fare attivismo contro il patriarcato, perché si è donna? Combattere per i diritti dei disabili, perché lo si è? Fare attivismo contro l’omofobia, perché si è queer?
Il Femminismo intersezionale risponde a queste domande.
Il Femminismo intersezionale
Il Femminismo intersezionale, come idea, nasce da gruppi di femministe nere e/o lesbiche che, alla fine degli anni ’70, portarono alla luce una catena di oppressione (per saperne di più clicca qui) legata al loro essere donne, donne nere e donne lesbiche.
Prende effettivamente il nome di “intersezionale” più tardi, grazie all’apporto di una giurista e attivista afroamericana, Kimberlé Crenshaw che, nel 1989, idea il concetto di “intersezionalità” (dall’inglese intersectionality) per descrivere la sovrapposizione di diverse identità sociali le quali portano a diversi livelli e tipi di discriminazioni, oppressioni e violenze. (Qui l’interessantissimo e emozionante Ted Talk di Crenshaw. Attenzione: trigger warning.)
Questa “nuova” ondata di femminismo che sta unendo tutti sotto un ombrello grande e variegato è chiamato Femminismo intersezionale.
Al femminismo “antico” che troppo spesso ha imposto delle regole che si dovevano rispettare se non si voleva essere bollate come “vittime del patriarcato”, si propone un nuovo punto di vista.
Il Femmminismo intersezionale è fatto di autodeterminazione al di là di altre maglie, strette tanto quanto quelle del patriarcato: le maglie delle aspettative. Quello che dobbiamo essere, per essere considerate donne.
Ma qual è la formula per essere una donna?
Nessuna regola
Spoiler, non c’è nessuna formula.
Quali regole dobbiamo seguire per essere considerate degne?
Altro spoiler, nessuna regola. Siamo tutte degne.
Non dobbiamo farci confondere, o gridare alla manipolazione, quando una donna nata e cresciuta in occidente decide di convertirsi all’Islam e coprire il suo corpo. Non dobbiamo farci confondere quando una donna islamica decide di non utilizzare l’hijab. Quando nasconde o mostra le sue forme.
Non dobbiamo farci confondere quando una donna decide di diventare una sex worker, anche se ci sono molte donne che vengono schiavizzate e costrette a prostituirsi.
Non facciamoci portare fuori strada quando una donna considera il matrimonio il suo obiettivo primario, quando vuole invece lavorare e concentrarsi sulla carriera o quando vuole rimanere a casa con i figli.
Lo so che potrebbe sembrare difficile, spaventoso, non attendersi ad un sistema di valori unico e monolitico, ma è ormai richiesto.
Dobbiamo rispettare, proteggere anche chi non riusciamo a capire. L’unico sistema di valori che dovremmo avere è l’empatia, la fiducia, la capacità di ascolto. (Interessanti approfondimenti qui).
Having a monolithic view of feminism is suffocating.
Kimberlé Crenshaw
Nessun dogma, solo empatia
Il Femminismo Intersezionale prova ad adattarsi ai tempi, più di altre realtà e di movimenti per i diritti civili, migliorando e sviluppandosi inglobando dentro di sé le persone discriminate, da qualsiasi background arrivino. Un movimento che si è sviluppato per essere il movimento di protezione di diritti più ampi e complessi, un pensiero che punta ad una società più equa per tutti. Sì, anche per gli uomini, intrappolati quanto noi nelle maglie strette del patriarcato.
Dobbiamo rivoluzionare il nostro modo di pensare, aprirci, non aver paura di sbagliare, ma ammettere quando lo facciamo, ammettere a noi stessi i nostri stessi pregiudizi e lavorarci sopra. (Qui un semplice e lineare vademecum per sopravvivere al Femminismo intersezionale.)
Le spiegazioni smettono di essere causa-effetto, ma iniziano ad essere causa-causa-conseguenza-causa- conseguenza e a va bene così.
Cosa dovremmo fare? Avere fiducia
Ma cosa dovrebbe fare, ad esempio, una donna bianca, etero e abile? Avere fiducia.
Fiducia nelle esperienze altrui, le più vicine e le più lontane.
La galoppante pandemia di sfiducia sociale ci porta a chiuderci nei nostri orizzonti già limitati.
Dubito, quando mi dici che sei stat* abusat* o violentat*.
Dubito, quando mi dici che ha sofferto discriminazioni e razzismo.
Dubito, quando dici che non puoi respirare.
Dobbiamo cercare di metterci nei panni di persone che sembrano chilometri lontani da noi, solo così avremo una possibilità.
The first step in making society better is caring about things that don’t affect you directly.
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