Lo spiacevole “incidente” che settimana scorsa ha coinvolto Imen Jane e Francesca Mapelli ha sollevato molte problematiche che risiedono nella mentalità “social” e dell’ispirational porn che li domina. Di una di queste problematiche su Woman Gaze(tte) ne abbiamo parlato venerdì scorso.
Oggi, invece, vorrei parlare del rapporto tra femminismo e classismo.
Femminismo e classismo
Il fatto che coinvolte in questa vicenda fossero due donne safe-made, che “dal nulla” (con tante virgolette) sono arrivate a molti follower e a lavorare per brand importanti, ha forzatamente inserito il concetto del femminismo in questo discorso.
Per alcuni è stata la prova tangibile che “le donne si danno addosso da sole” e che non esiste la “solidarietà femminile”.
Per quanto il video abbia mostrato che la giovanissima barista di Palermo non abbia certo ottenuto nessun tipo di solidarietà dalle due donne, non possiamo lasciare che questo evento venga usato come scusa per dire che il “femminismo non esiste”.
Soprattutto perché Imen Jane e Francesca Mapelli da alcuni sono state considerate delle icone del femminismo italiano.
Non proclamate le “icone femministe”
Ora fermiamoci. Per il semplice fatto che una donna sia “in carriera” e “indipendente” questo non fa di lei un’icona femminista. Anche solo pensare un’affermazione del genere è sessista.
Icona femminista può essere la donna in carriera, come la madre di famiglia, come la barista single.
E anche se Jane e Mapelli fossero delle femministe, questo non vuol dire che siano delle femministe arrivate, che della difficile questione di genere hanno capito tutto.
Femminismo intersezionale e classismo
Se il femminismo intersezionale è quello che ti rappresenta, non possiamo vivere la vita solo in coscienza del nostro genere, ma dobbiamo prendere in considerazione tutti i livelli di privilegi che abbiamo o di discriminazione che altre persone vivono.
Io sono una donna, come tale ho subito discriminazioni legate al mio essere donna, ma ci saranno altre donne lì fuori che hanno subito discriminazioni perché donna, nera, musulmana, LGBTQ+, disabile etc.
O una donna che, lì fuori, ha subito discriminazione per la sua classe sociale e situazione socio-economica.
La questione classista
Questo è quello che è accaduto a Palermo la scorsa settimana. Due donne si sono fatte accecare dai loro privilegi impossibili da negare, ma facili da dimenticare.
Quando il denaro è l’ultimo dei problemi, e stai lì a fare l’aperitivo, o vacanze estemporanee con l’amica del cuore. Quando nel tempo libero incontri capi d’azienda, ti fai foto istituzionali da mettere sul profilo social seguito da migliaia di persone, l’ultima cosa a cui pensi è la donna che ti serve lo Spritz e ti permetti anche di darle consigli alla “dovresti leggere di più”.
Femminismo senza consapevolezza di classe
Il discorso che vorrei quindi affrontare oggi è proprio il rapporto tra femminismo e classismo e di come femminismo senza consapevolezza di classe e dei livelli di discriminazione non è davvero femminismo.
Il femminismo senza intersezionalità e consapevolezza sociale sono solo belle parole dette da persone privilegiate che avanzano con fluidità in un mondo capitalistico.
Le parole proibite
Lo so, lo so. Ho usato quella parola. Quelle parole che fanno un po’ paura, come società capitalistica e classe sociale. Ma è proprio qui che risiede il problema.
In una società capitalistica che punta a rompere la struttura sociale per poter continuare a vivere e ora lo fa anche in silenzio, non c’è dubbio che situazioni del genere continuino a crearsi.
Non è una sorpresa che persone di classe operaia o media siano contro il Reddito di Cittadinanza perché vista come forma di assistenzialismo. Il capitalismo fa proprio questo, divide per vincere e per farti credere che, in qualche modo, tu sei migliore delle persone che ti servono da bere. Lavora di più, ti dice, e non finirai come loro.
Quindi qui la dinamica sociale è chiara: imprenditore vs operaio.
Questo è il motivo per cui una politica come Giorgia Meloni non potrà mai rappresentare le donne e le donne femministe di questo paese. Perché è completamente avvolta dal suo privilegio, in quanto donna bianca, ricca, con un sostegno socio-economico immenso e infinite possibilità. Talmente affondata nel suo privilegio che non è assolutamente in grado di fare delle proposte politiche che possano in qualche modo aiutare le donne di questo paese.
La segregazione settoriale
È inoltre un caso che la donna in questione, a 3 euro l’ora, facesse parte del mondo dell’hospitality?
No. I dati stessi dell’Eurostat evidenziano chiaramente che l’impiego maggiore di donne avviene nell’hospitality, nella cura, nell’istruzione. Fondamentalmente, i settori pagati meno.
Vogliamo ancora andare a fare lezioni a persone che lavorano mentre sorseggiamo il nostro drink? Vogliamo ancora essere irrispettosi, maleducati e violenti con le persone che lavorano in questi ambiti?
Siamo davvero delle femministe, se non riusciamo neanche ad essere consapevoli dei nostri privilegi?
No, la lotta femminista senza lotta di classe non è niente. La lotta femminista senza la lotta per la chiusura del gender pay gap, senza lotta per il minimum wage non è lotta femminista.
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