Debunking

Debunking e fact checking: alla scoperta di un lessico ormai di uso comune

Chi tra noi non ha mai sentito utilizzare le parole fact checking o debunking? Soprattutto negli ultimi anni, con il dilagare di notizie false e non verificate online, si è cercato di definire delle strategie difensive. Ma cosa vogliono dire questi due termini? Secondo il Cambridge dictionary: “to debunk means to show that something is less important, less good, or less true than it has been made to appear”. Parafrasando, il debunker è colui che disvela le notizie false, che demistifica, disinganna, smaschera dicerie, bufale. Una terminologia entrata recentemente nel nostro quotidiano ma già utilizzato dagli anni ’20 del secolo scorso negli Stati Uniti. Simile nelle modalità operative e nella funzione quella del fact checking. Utilizzato soprattutto nel settore giornalistico, riguarda, anche in questo caso, la verifica puntigliosa dei fatti e delle fonti per valutarne la fondatezza e autorevolezza.

Origine delle pratiche di debunking e fact checking

Come già anticipato in precedenza il termine debunk ha avuto origine nei primi del ‘900. Ad utilizzarlo per primo sembrerebbe essere stato lo scritto William Woodward in una sua opera. Da quel momento è entrato a far parte del linguaggio comune tra gli statunitensi. Per quanto riguarda il fact checking, quest’ultimo ha avuto la sua fortuna tra le mura delle redazioni dei più importanti giornali americani. Il settimanale The New Yorker è stato uno dei primi ad aprire un ufficio appositamente dedicato alla verifica delle fonti. Potremmo dire che sono due facce della stessa medaglia, che operano gomito a gomito. Il fact checker, soprattutto a livello giornalistico, lavora affinché tutto ciò che viene pubblicato sia verificato, certo. Insomma, opera a monte della pubblicazione. Il debunker lavora a valle della notizia, come abbiamo già detto, svelando quelle false.

Strumenti del mestiere

La rete rappresenta una opportunità per la diffusione di fake news ma al tempo stesso offre le opportunità per smentirle. Qualora la fonte non fosse attendibile o ci fossero dubbi sulla provenienza delle immagini e i video allegati, cosa si può fare? Nella cassetta degli attrezzi troviamo diversi strumenti di Google. In primis, tramite la ricerca per immagini, possiamo risalire alla data di pubblicazione di una foto. Street View permette di verificare se luoghi e nomi citati sono reali e soprattutto se sono stati ripresi/fotografati nel momento in cui sono stati pubblicati. Per combattere il fenomeno, nel 2015 è stato istituito The International Fact-Checking Network che collabora a livello internazionale con professionisti provenienti da tutto il mondo. L’obiettivo è quello di individuare le migliori pratiche nel settore e condividerle con l’intera comunità.

Come arginare il fenomeno delle fake news

Che effetto hanno queste attività sulla percezione degli utenti che si informano in rete? A quanto risulta da alcuni studi, una parte dei lettori che leggono articoli che smentiscono bufale sono portati a rafforzare le loro credenze. Non è poi un mistero che alle persone piace scambiare opinioni con chi la pensa allo stesso modo piuttosto che avere un confronto critico. Nonostante la rilevanza del fenomeno in tanti ne sottostimano la portata. Soprattutto con lo scoppio dell’epidemia da Coronavirus le sanzioni ai danni dei “diffusori” di notizie false stanno avendo un grande risalto. Sono più di 300 le persone nel mondo che sono state arrestate ed accusate di aver diffuso falsità sul covid19. Più di qualcuno ha sollevato dei dubbi in merito alla violazione dei diritti personali. La questione è tutt’altro che risolta ma a prescindere, forse è il caso di prestare maggiore attenzione a quello che postiamo online.

Immagine di copertina: Klaus Stebani da Pixabay 

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