Pregiudizi da parte della società. Difficoltà ad essere accettati dalla propria famiglia. Concorrenza sleale. Sono alcuni degli ostacoli che Francesco Ferri e Luca Gemmiti, di Black Beard Tattoo, hanno dovuto affrontare quando hanno scelto di diventare tatuatori. Storie diverse, le loro, ma molto simili; accomunati dalla grande passione per il disegno e per l’inchiostro. Per questo appuntamento di Racconti d’Impresa, abbiamo scelto di narrarvi questo mondo ricco di sfumature e di bellezza. Entrambi, per realizzare il loro sogno, hanno dovuto combattere i pregiudizi delle rispettive famiglie e convincerli che il loro non era un capriccio. Come dei sarti, Luca e Francesco disegnano sul corpo umano abiti su misura. Ma per farlo serve manualità, tanto esercizio, conoscenza e rispetto dell’anatomia umana. Scopriamo insieme le loro storie.

La passione per il disegno trasformata in Black Beard Tattoo
Quella di Francesco e Luca per il disegno, è una passione innata, a cui si sono dedicati fin da piccoli, sebbene con percorsi diversi. Francesco, inizialmente, si era indirizzato verso i graffiti e il fumetto.
Ho frequentato la scuola di fumetto di Cassino per alcuni anni ma ho capito che non faceva per me. Avevo pensato di diventare copertinista ma il professore mi fece capire che in Italia sarebbe stato difficile. Come trasformare l’amore per il disegno in un lavoro? La risposta ce l’avevo già. A 15 anni mi ero già avvicinato al mondo del tatuaggio ma considerandola solo una passione.
Percorso un po’ più semplice per Luca che ha avuto la fortuna di incontrare Francesco lungo il suo percorso.
Quando ho iniziato ho trovato lo studio di Francesco e ho lavorato un paio di anni come apprendista. Sono stato fortunato perché sono stato preso sotto la sua ala protettiva e lo ringrazio.

Black Beard Tattoo ed il lavoro di artigiani
Per chi si stesse domandando quale sia il percorso da seguire per intraprendere la professione, non è semplice. Non solo per la burocrazia. Per Francesco è stato difficile imparare non avendo uno studio che gli desse l’opportunità di “andare a bottega”.
Questo è un lavoro di artigianato e dovrebbe funzionare come i giovani artisti di una volta che andavano a bottega. Mi piacerebbe vedere entrare da quella porta un ragazzo con la stessa voglia di imparare che ho visto in Luca. Lui mi ha fatto capire che questo lavoro lo prendeva sul serio e insieme abbiamo creato Black Beard Tattoo.
Per abilitarsi alla professione è necessario acquisire un attestato che fornisca conoscenze base. Francesco, al riguardo, ha le idee chiare.
Io istituirei un programma universitario, ad esempio nell’Accademia di Belle Arti. Un corso di laurea con associato un tirocinio/praticantato obbligatorio, della durata di un anno, dentro uno studio di tatuaggi.

Tatuaggi, un pregiudizio che sembra voler crollare
Il mondo del tatuaggio è sempre stato associato alle subculture, perciò vittima di pregiudizi. Questa visione sembra essere cambiata e da nicchia è diventato un fenomeno pop. Ma all’interno di questo mondo ci sono significati più profondi: senso di appartenenza, rivendicazioni sociali.
In Giappone, erano frequenti i tatuaggi fino alle mani e alle ginocchia, questo perché i ceti bassi non potevano indossare il kimono. Come forma di protesta si tatuavano tutto il corpo a mo’ di kimono. La mafia giapponese ha adoperando questo sistema come forma di riconoscimento. Da forma decorativa ha assunto una valenza criminale.
Ma non erano gli unici ad utilizzare quest’arte come forma identitaria.
Gli antichi romani si sono avvicinati ai tatuaggi vedendo le popolazioni barbare. Alcuni tra i primi tatuaggi cristiani erano croci sulla fronte. Anche gli antichi egizi avevano dei tatuaggi. Sono state ritrovate delle mummie con dei tatuaggi della preistoria realizzati con la tecnica a carbone.
Black Beard Tattoo, una questione di “stile”
Nel mondo dei tattoo esiste una varietà di stili. Con Luca abbiamo scoperto il neo traditional.
Si tratta di una rivisitazione dello stile tradizionale. La differenza sta nelle forme, nella struttura del disegno, nelle sfumature un po’ più realistiche. Danno l’idea di tridimensionalità rispetto a quello classico che invece è piatto, in due dimensioni. Ha linee spesse, marcate e colorazioni piene e accese.
Francesco, invece, predilige uno stile diverso.
Io faccio realismo in bianco e nero, a volte anche a colore, dipende dalle richieste. Quando entra un cliente, sulla base delle richieste, sappiamo come indirizzarlo.
In entrambi i casi l’elemento cardine è il disegno. Ma disegnare su un foglio e disegnare sul corpo comporta un cambio di approccio, come ci racconta Luca.
Quando inizi a tatuare cambi modo di disegnare perché lo adatti al tatuaggio. Non tutto si può tatuare. Grandezza, spazi, le proporzioni del corpo…

La scelta di aprire un studio proprio
La scelta di aprire uno studio più grande offre nuove opportunità a Francesco e Luca.
Questo studio è nato per dare l’opportunità alle persone del posto di usufruire di prestazioni di tatuatori che vengono da fuori, specializzati in generi diversi.
Ma i problemi non mancano. La concorrenza sleale è molto forte e tanti lavorano da casa.
Le persone si avvicinano a questo mondo perché pensano che voglia dire soldi subito. La spesa per partire è relativamente bassa e con un paio di tatuaggi ci hai già guadagnato. Poi quello del tatuatore è il lavoro più figo del mondo. La prima cosa che uno vede sono la fama e i soldi ma poi tutto dipende dalla serietà e dall’impegno. Io spero che tutto questo non rovini l’etica di questo lavoro.

La chiusura di Black Beard Tattoo durante la quarantena
La chiusura ha rappresentato un ostacolo ma anche una opportunità. Per Luca ha rappresentato l’occasione per disegnare e portarsi avanti con il lavoro. Diversa la prospettiva di Francesco che tra una partita alla Playstation e un dipinto ad olio, ha dovuto subire i danni economici della chiusura. Soprattutto dopo così pochi mesi dalla apertura del nuovo studio.
Dalla nuova apertura sono riuscito a recuperare qualcosa ma è arrivato il coronavirus. La preoccupazione era capire se qualcuno ci avrebbe aiutato. È un problema di tutti e secondo me sarebbe stato giusto mettere in pausa e poi ripartire. Mi sono domandato “ce la faccio?”. Per fortuna ce l’abbiamo fatta senza l’aiuto di nessuno. Sapere che gli amici erano pronti ad aiutarmi mi ha dato la forza. Per il futuro abbiamo dei grossi progetti da portare avanti insieme. Di sicuro non ci fermiamo qua!
Foto scattate dal fotoamatore Alberto Mantova.
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