donne e sport

Donne e giornalismo sportivo: più gambe che cervello?

È proprio di questi giorni una nuova polemica su un tema, in realtà, vecchio, vecchissimo. Mi riferisco alle donne nel giornalismo sportivo. Che la presenza femminile sia diventata una abitudine negli studi e sugli schermi televisivi non significa che l’obiettivo sia raggiunto. Il riconoscimento della professionalità e della competenza femminile in un settore prettamente maschile (e maschilista) è lontano dall’essere centrato.

L’episodio incriminato si riferisce alla ex giornalista sportiva di Sky Sport, Alessia Tarquinio (andata via un paio di anni fa), ed il confronto con Melissa Satta, l’attuale volto femminile della società di proprietà di Comcast. Quest’ultima, giudicata poco preparata dal pubblico, è stata presa di mira e la Tarquinio è voluta intervenire in gamba tesa sulla questione donne e giornalismo sportivo (senza attaccare la showgirl).

Donne e sport: il pregiudizio dell’incompetenza

La domanda di fondo che dovremmo porci è che tipo di televisione vorremmo vedere e che tipo di ruolo vogliamo assegnare alle donne. Se è vero che è cambiata molto la sensibilità nei confronti della questione femminile, rimane molto forte il pregiudizio secondo cui le donne non siano in grado di competere con le competenze maschili nel momento in cui si commenta e giudica un evento sportivo.

Meglio, dunque, lasciarle ai loro ruoli più classici come l’ombrellina a bordo pista nel Motorsport o la bella e brava presentatrice ma niente più. Il commento tecnico lo lasciamo agli uomini. Oppure no? Le donne sanno fare il proprio mestiere anche quando si tratta di un rettangolo verde o del rovinoso asfalto. Fa piacere, infatti, vedere con sempre maggiore frequenza negli studi tv Milena Bertolini, allenatrice della nazionale italiana femminile di calcio. O ancora la novità del Giro d’Italia di quest’anno con la Rai che ha schierato in prima linea Giada Borgato.

Donne e sport: oltre le gambe c’è di più

Sì, sicuramente molti spettatori saranno i primi a giudicare e a non veder di buon occhio questa rivoluzione nel mondo del giornalismo sportivo ma è evidente che qualcosa sta cambiando. E forse, qui, c’è anche lo zampino di chi gli spettacoli sportivi li costruisce, continuando a propinare figure femminili appariscenti ma meno preparate delle colleghe giornaliste.

Il punto sta tutto lì. Non si tratta di una lotta intestina tra donne. Si tratta piuttosto di costruire delle trasmissioni sportive televisive non più ad uso e consumo esclusivo degli uomini. E soprattutto ad uso e consumo di alcuni istinti degli uomini. Si tratta di andare oltre l’idea della donna-oggetto e di riconoscere, finalmente, la preparazione. Un po’ come ci racconta Giandomenico Tiseo, giornalista sportivo per Il Giornale e per il sito OA Sport:

“La passione e l’ambizione sono due componenti fondamentali per andare oltre gli ostacoli e le difficoltà. Può sembrare una banalità, ma è ciò che serve per raggiungere certi traguardi. La mia esperienza da giornalista iniziata per puro diletto nel 2014, suggellata dall’entrata nell’albo dei giornalisti pubblicisti quattro anni dopo, mi porta a dire questo.

Insomma, non si arriva per caso a svolgere un lavoro, soprattutto a certi livelli, senza tenacia e amore per il proprio lavoro…

Tuttavia, se le componenti citate vengono in qualche modo oscurate da altro si fa fatica. Mi riferisco alle scelte editoriali dettate da esigenze che poco hanno a che fare con conoscenza e competenza. Inutile negarlo: siamo nell’era di un narcisismo sfrenato e come tale l’immagine ha sempre più un suo peso. Tuttavia, una presenza esteticamente apprezzabile non deve diventare motivo di discriminazione. Le donne con talento devono avere questa possibilità. Mio malgrado, nell’ambiente del giornalismo sportivo, posso testimoniare una chiusura importante, da associare a una visione pregiudizievole secondo cui una donna o una ragazza non sia in grado di coprire certe responsabilità perché spinta dal desiderio di costruirsi una famiglia.

Un percorso ancora in salita

Insomma, la prospettiva maschiocentrica fatica ancora a tramontare ma ciò non deve far demordere le giovani aspiranti giornaliste sportive. Se è vero che in ogni occasione le donne devono faticare tre volte di più per guadagnarsi il rispetto ed il riconoscimento, vorrà dire che ci sarà tre volte più soddisfazione nel gioire per l’obiettivo centrato.

Apparenza e messa in vetrina, elementi cardini di una certa filosofia e dannosi anche nei confronti di giovani e ragazzi che si vedono le porte chiuse da chi di professione fa altro e poco sa dell’argomento. Le citate passione e ambizione sono potenti, ma corrono il rischio di essere disinnescate dalla necessità di vendere un prodotto, servendosi essenzialmente della copertina del libro e non del contenuto.

Sono certa che non siamo pochi a pensarla così. È il caso di far sentire la nostra opinione. Le rivoluzioni, piccole o grandi che siano, iniziano sempre da una singola voce. Sta a noi fare in modo di farle eco. Facciamo eco alla voce di Alessia Tarquinio.

Lascia un commento