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Abuso di potere e mistificazione: i cani da guardia del patriarcato

Lo sapete già di cosa voglio parlare. Tutti ne hanno parlato e non potevo tirarmi indietro.
Che sia chiaro, non sono assolutamente sorpresa dalle parole di Beppe Grillo. Non è la prima volta che il guru 5 stelle mette in mostra la sua misoginia.
Non dimentichiamoci di quella volta che diede della “vecchia put*ana” a Rita Levi Montalcini. Neanche di quella volta che istigò il suo seguito di fanatici chiedendo “cosa fareste alla Boldrini in macchina?”.
E neanche di quella volta che, richiedendo una risposta a Maria Elena Boschi sullo scandalo Banca Etruria disse “sarà in tangenziale”.
Solo alcune delle macchie sessiste che sporcano Grillo e anche altri esponenti del Movimento 5 stelle, che probabilmente sono anche gli stessi che adesso dicono “certo, ha esagerato, ma sono padre anche io, lo capisco”.

State empatizzando con la persona sbagliata

Che sia chiara una cosa: se “come padre” vi sentite di empatizzare con Beppe Grillo, dopo quello che ha detto, è importante che sappiate che state già crescendo male i vostri figli.
Sia i maschi, che le femmine.
Ai maschi state insegnando che è okay prendere il sopravvento su una ragazza quando si è in quattro. Dopotutto sono solo dei ragazzini che si stanno divertendo, dei cogl*ioni, mica degli stupratori.

E alle vostre figlie femmine state dimostrando che non c’è empatia per loro. Non c’è empatia per il loro dolore, per il loro processo emotivo.
Nessuno, infatti, ha mostrato empatia nei confronti del padre della survivor. Cos’è lui? Meno padre perché ha una figlia femmina? O semplicemente non porta acqua al vostro mulino?

Il vero crimine della ragazza è stato denunciare un Grillo

È strano, per Beppe Grillo, che una ragazza stuprata abbia impiegato otto giorni per denunciare. Che il giorno dopo fosse andata a fare kite surf.
Per prima cosa è importante segnalare che, secondo la legge, il tempo per denunciare una violenza sessuale arriva fino ad un anno, ma per Beppe Grillo otto giorni sono troppi.
In realtà, il vero crimine di questa ragazza, è stato quello di denunciare suo figlio, che porta il suo stesso cognome.
Non conosco questa ragazza, non la conoscerò mai, ma forse siamo state cresciute in un modo simile.

Perché le ragazze sono educate a difendersi dalla violenza sessuale. Sono educate, dalla società, anche a chiedersi se ne vale la pena, denunciare.
Alcune donne, vittime di violenza, hanno visto la propria vita sgretolarsi davanti alle malelingue, alle forze dell’ordine che non credevano alle testimonianze, alle madri che chiedevano di sotterrare il tutto, ai padri che facevano finta di niente.
E sono certa che questa ragazza si sia posta la domanda: che cosa succederà se denuncio un tipo che porta quel cognome?
Io l’avrei fatto, perché la paura che succeda qualcosa come quella che è effettivamente successa era quotatissima.

Quello di Grillo è abuso di potere (mediatico)

Non solo gli uomini violenti, aiutati dal sistema, riescono a zittire le donne nella vita di tutti i giorni. Adesso devo anche mettermi contro una persona che, con un click, può mettere un suo video urlante su internet, alla mercé di centinaia di migliaia followers?
Gli stessi followers che, dopo il tweet di Grillo sulla Boldrini, si sono lasciati andare in commenti vergognosi?

Il coraggio è quello che ci vuole, coraggio che persone come Beppe Grillo vogliono mistificare, con retoriche antiquate, facili e manipolatorie. Grillo ha utilizzato il suo potere, mediatico e di influenza, per fare victim blaming e cercare di intaccare la veridicità di un processo.
Beppe Grillo ha perpetrato un abuso di potere.
Abusi a cui le donne sono abituate da centinaia di anni ma direi che adesso ne abbiamo abbastanza.

La retorica della “vittima perfetta”

Siamo vittime anche della figura della vittima perfetta.
Siamo credibili solamente se non ci siamo fatte bloccare dal terrore, ma abbiamo combattuto con le unghie e con i denti.
Solo se a violentarci è uno sconosciuto per strada (magari anche straniero, così si adegua meglio alla narrazione), e non un nostro amico, un fidanzato, un marito.
Sei andata con l’intenzione di fare sesso con una persona e sei finita stuprata da quattro? Ma che ci sei andata a fare, allora? Voleva dire che ti piaceva…
Non sei andata immediatamente a denunciare un secondo dopo essere stata liberata? Stai sicuramente mentendo…

Le distanze non sono abbastanza

C’è stato chi ha preso le distanze, chi si è ritirato in un omertoso silenzio, abbiamo perso anche Alessandro di Battista in questa battaglia, ma alla fine i nodi vengono al pettine.

Cultura dello stupro

Ho parlato più e più volte di cultura dello stupro, in Woman Gaze(tte), perché credo sia un problema gravissimo, con cui ci dobbiamo confrontare tutti i giorni, in silenzio, mentre l’altra parte della popolazione vive indisturbata.
Ho parlato anche delle grandi problematiche che porta la nostra società patriarcale, che insegna alle ragazze come “non essere stuprate”, ma non è in grado di insegnare ai ragazzi come “non stuprare”.
Questa settimana abbiamo dato un ulteriore prova alle donne che ogni giorno sono vittime di violenza, che denunciare a volte non è l’idea migliore.
Si viene violentate due volte: la prima da un uomo, quella successiva dalla società, dalle forze dell’ordine, dalla politica.

Secondo l’Istat, in Italia, denunciano meno del 15% delle vittime di violenza sessuale.
Inoltre, ogni tre denunce, solo una si traduce in una vera e propria condanna con pena carceraria. Molte, infatti, si risolvono con arresti domiciliari, risarcimenti e lavori socialmente utili.

Queste situazioni, profondamente angoscianti, non fanno altro che diminuire ulteriormente la fiducia delle donne nelle istituzioni che dovrebbero proteggerle.
E questo, ovviamente, va a salvaguardare il patriarcato e la cultura dello stupro.

Le donne, ancora una volta, vengono intimidite e ridotte al silenzio da persone che urlano più di loro.

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